La Cassazione annulla per 2 volte la sentenza di appello che non motiva sul diniego dell’attenuante del danno di speciale tenuità nella bancarotta fraudolenta.

Segnalo la recente sentenza numero 46495/2022 – depositata il 07/12/2022, resa dalla sezione quinta penale, che ha affrontato la questione giuridica dei presupposti applicativi dell’attenuante speciale del danno di speciale tenuità nella bancarotta fraudolenta prevista dall’art. 219, III comma L.F. (dalla cui applicazione discende la riduzione delle pene fino al terzo) e del correlativo obbligo  motivazionale che grava sul Giudice di merito che ne denega la concessione.

La Corte di legittimità, con la pronuncia in commento, ha ritenuto di dare continuità all’orientamento giurisprudenziale  – oramai consolidato – secondo il quale la valutazione rimessa al giudice sulla concessione o meno dell’attenuante in parola,  non può limitarsi alla considerazione del valore dei beni distratti, come apoditticamente ritenuto dalla Corte territoriale, ma deve estendersi alle dimensioni dell’impresa, al movimento degli affari, all’ammontare dell’attivo e del passivo, valutando, soprattutto, l’incidenza causale che la condotta illecita ha avuto sul danno derivato alla massa dei creditori.   

 

Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte d’appello di Torino – giudicando in sede di rinvio su un precedente annullamento da parte della Cassazione  riformava la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale, con la quale l’imputato era stato condannato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, limitatamente alla misura delle pene accessorie di cui all’art. 216, quarto comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fall.), riducendole a due anni, confermando nel resto la condanna.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale di Torino interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato che articolava un unico motivo di doglianza con il quale veniva denunciato vizio di motivazione della sentenza impugnata sul diniego dell’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, L.F..

La Corte regolatrice ha accolto il ricorso annullando con rinvio la sentenza impugnata.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“E’ consolidato principio di diritto quello secondo il quale, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, di cui all’art. 219, comma 3, L.F., occorre verificare se il danno arrecato ai creditori sia particolarmente tenue o manchi del tutto, sicché la valutazione rimessa al giudice non può limitarsi alla considerazione del valore dei beni distratti, ma deve estendersi alle dimensioni dell’impresa, al movimento degli affari, all’ammontare dell’attivo e del passivo, nonché all’incidenza che la condotta illecita ha avuto sul danno derivato alla massa dei creditori (Sez. 5, n.20695 del 29/01/2016, Chiti, Rv. 267147).

Conseguentemente il relativo giudizio sulla sussistenza all’attenuante dev’essere posto in relazione con la diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (Sez. 5, n.12330 del 02/11/2017, 2 Corte di Cassazione – copia non ufficiale dep. 2018, Di Niso, Rv. 272663).

E’ stato inoltre precisato che «non è necessario che l’entità dell’attivo sia interamente e dettagliatamente ricostruita, essendo sufficiente, al fine di escludere la circostanza attenuante di cui all’art. 219, comma terzo, L. fall., la distrazione di beni di rilevante entità, idonea di per sé ad incidere, in misura consistente, sul riparto» (Sez. 5, n. 5300 del 16/01/2008, De Biase, Rv. 239118).

La sentenza rescindente aveva ammonito la Corte territoriale per l’assenza – nello scrutinio della questione dell’applicabilità, nel caso concreto, della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità – di qualsivoglia riferimento alla diminuzione globale verificatasi nella massa attiva in conseguenza della mancata messa a disposizione della massa stessa del veicolo oggetto di distrazione.

E, tuttavia, il giudice del rinvio è incorso nel medesimo errore, poiché ancora una volta, ha posto a fondamento della propria motivazione di diniego dell’attenuante un generico «indubbio valore» del bene sottratto, che ha empiricamente inferito dal tipo di veicolo (Golf Volkswagen), pur se non di nuova immatricolazione alla data del fallimento, tuttavia «perfettamente funzionante, tanto da essere utilizzato dal fallito» e tale «da mantenere nel tempo una rilevante valutazione di mercato».

Altrettanto assertivamente ha poi desunto un’idoneità della sottrazione di detto mezzo a cagionare un danno alle prerogative dei creditori di non particolare tenuità, parametrandola a una non meglio precisata «scarsa entità dell’attivo rinvenuto»

Così operando la Corte territoriale ha nella sostanza eluso l’obbligo di motivazione sulla stessa incombente.”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA