Per ottenere restituzione della copia forense dei dati informatici è necessario dimostrare la lesione di diritti primari dell’avente diritto.

Segnalo la sentenza numero 46555/2022 – depositata il 09.12.2022, resa dalla sezione seconda penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata sul tema giuridico, spesso ricorrente nella attività professionale, della possibilità di ottenere il dissequestro e la restituzione della copia forense dei dati estrapolati e copiati dai supporti fisici (computer od altri device) nel corso dell’attività di polizia giudiziaria.

La sentenza in commento, decidendo il caso sottoposto allo scrutinio di legittimità, ha ritenuto destituita di fondamento giuridico l’impugnazione interposta contro il decreto di rigetto del Giudice per le indagini preliminari in quanto i ricorrenti non avevano allegato uno specifico interesse degno di tutela giurisdizionale alla restituzione dei dati di loro proprietà, tenuto conto che nel caso di specie i dati non erano stati inseriti nel fascicolo delle indagini preliminari, ma conservati in altro luogo all’interno della segreteria del Pubblico Ministero.

 

L’ipotesi di reato e la richiesta di dissequestro.

Il G.I.P. presso il tribunale di Asti respingeva l’opposizione avanzata nell’interesse delle tre persone indagate nello loro qualità di amministratori della società nei cui confronti era stato eseguito il provvedimento di sequestro, avverso il provvedimento di rigetto da parte del PM dell’istanza di restituzione delle copie forensi dei computer già sottoposti a sequestro probatorio nel procedimento per il reato di cui all’art. 648 cod. pen. nei confronti dei medesimi.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro il provvedimento reiettivo del G.i.p. veniva interposto ricorso per cassazione dalla difesa degli indagati sul presupposto che la detenzione di tutto il materiale contenuto nella copia forense era illegittimo e che, quindi, si doveva procedere alla selezione dei dati rilevanti per l’ipotesi di reato di ricettazione, al fine di evitare la compressione illegittima dei diritti degli indagati e dell’ente a causa del mantenimento di sequestri inadeguati e sproporzionati, potenzialmente dannosa anche dal punto di vista commerciale per la presenza di molteplici dati sensibili.

La Corte regolatrice ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“…Tali essendo i principi applicabili al caso in esame il ricorso deve essere respinto posto che rispetto alle particolari modalità di conservazione della copia forense gli indagati non appaiono avere indicato uno specifico interesse all’impugnazione; invero, come indicato nel provvedimento impugnato e prima ancora nel rigetto da parte del pubblico ministero procedente, le modalità di conservazione, non già all’interno del fascicolo di indagine, bensì presso la segreteria in luogo separato e sicuro, escludono la possibilità di illegittima acquisizione di dati da parte di terzi ed anche ad opera della persona offesa querelante così come il ricorso invece lamenta senza però indicare quali dei numerosi documenti dovrebbero essere restituiti anche nella loro copia.

Infine alcuna doglianza può essere presa in considerazione nel presente procedimento circa l’allegazione alla consulenza del P.M. di files sensibili trattandosi con evidenza di attività tecnica non direttamente impugnabile nella presente sede ed i cui eventuali vizi vanno fatti valere separatamente”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA