Condannata per omicidio colposo la barista che ha somministrato una bevanda contenente lattosio alla vittima che aveva segnalato la propria allergia.

Segnalo la sentenza numero 46096.2022 – depositata il 06/12/2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata su un processo nell’ambito del quale era stata affermata la penale responsabilità dell’imputata che aveva somministrato presso un pubblico esercizio una bevanda contenente un componente verso il quale la vittima del reato aveva dichiarato avere una forte allergia

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha confermato la decisione impugnata che aveva operato buon governo dei principi che informano la responsabilità per colpa commissiva nei reati di evento, quale è l’omicidio colposo, ricordando l’iter logico – giuridico da seguire per l’accertamento della causalità del fatto di reato.

 

Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.

L’imputata era stata rinviata a giudizio e condannata nel doppio grado di merito in quanto, durante lo svolgimento della sua attività di barista, aveva rassicurato più volte la cliente minorenne che ne aveva fatto espressa richiesta sulla assenza di lattosio in una bevanda commerciale sostenendo che la bevanda medesima conteneva esclusivamente latte di cocco.

In realtà, la bevanda conteneva latte vaccino, ed una volta ingerita dalla cliente le provocava un grave shock anafilattico accertato in sede processuale come causa del decesso della ragazza.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza della Corte distrettuale romana interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputata, lamentando vizio di motivazione in ordine alla affermata (da parte dei giudici di merito) penale responsabilità dell’imputata.

La Corte regolatrice ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“…Si premette che nella specie si versa in un’ipotesi di reato commissivo, consistito nella somministrazione alla persona offesa di una bevanda rivelatasi fatale, pur a fronte delle informazioni che la (omissis) aveva fornito alla barista circa la propria condizione di soggetto allergico e che avrebbero dovuto suggerire maggiore prudenza e diligenza a quest’ultima in ordine ai rischi di conseguenze dannose per la giovane.

Non si versa, dunque, in una situazione nella quale possa essere invocate l’art. 40, comma 2, cod. pen., che presuppone la configurabilità, in capo al soggetto attivo, di una posizione di garanzia nella quale si sostanzia l’obbligo giuridico di impedire l’evento.

Tanto premesso, deve muoversi dalla considerazione che, nei reati colposi d’evento, la natura commissiva della condotta implica, per l’accertamento del nesso causale, che il giudizio controfattuale sia effettuato valutando se l’evento si sarebbe ugualmente verificato eliminando l’azione dal contesto in cui e stata posta in essere (principio affermato in Sez. 3, n. 47979 del 28/09/2016, Urru, Rv. 268658).

Dunque, l’indagine non deve indirizzarsi verso l’individuazione di un soggetto su cui gravi un obbligo giuridico di impedimenta dell’evento, ma piuttosto, ed esclusivamente, verso la ricostruzione del rapporto tra la condotta attiva e l’evento mediante un procedimento di eliminazione mentale, ossia rappresentandosi cosa sarebbe successo ave la condotta censurata non fosse stata posta in essere.

Orbene, la motivazione della sentenza impugnata, sia nella descrizione della sequenza degli accadimenti, sia nel riportare gli esiti della perizia, ha fornito elementi valutativi corretti e non manifestamente illogici circa la riferibilità causale del decesso della (omissis) alla somministrazione della bevanda da parte della (omissis) dato congetturale e ipotetico cui fa riferimento la ricorrente e riferito, unicamente, al fatto che la reazione anafilattica – che la bevanda somministrata era di per se idonea e sufficiente a cagionare- sarebbe stata amplificata dall’assunzione di alcool; ma tale elemento non intacca la ricostruzione operata dalla Corte di merito in ordine all’autonoma rilevanza causale del latte presente nella batida, che è ampiamente illustrata nel percorso argomentativo della sentenza, risultando assistita da coerenza e logicità e sottraendosi pertanto a censure esperibili in questa sede.

Le censure riguardanti la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta della (omissis) e l’evento letale devono perciò essere disattese.

E’ appena il caso di osservare che alcuna specifica censura viene formulata dalla ricorrente in ordine all’elemento soggettivo, peraltro pacificamente ravvisabile nella condotta negligente dell’odierna ricorrente, che somministro la batida pur a fronte delle informazioni a lei fornite dalla (omissis)) in ordine alla sua condizione di allergica e alle sostanze che sarebbero risultate per lei nocive”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA