L’appello cautelare con il quale si chiede la restituzione di somme impignorabili deve intendersi esteso anche a quelle accreditate dopo la sua esecuzione.
Segnalo la sentenza numero 47677/2022 – depositata il 16.12.2022, resa dalla sezione terza penale della Suprema Corte, che si è pronunciata sul tema (molto spesso ricorrente nella quotidiana attività professionale) dei limiti al sequestro preventivo disposto per reati fiscali quando la misura cautelare reale viene eseguita sul conto corrente nel quale affluisce liquidità derivante da retribuzioni, ratei di pensione, T.F.R., ovvero ad altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego.
Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha annullato l’ordinanza del Tribunale per il riesame dei provvedimenti cautelari reali che aveva illegittimamente limitato la restituzione all’avente diritto – appellante – delle somme impignorabili in base al disposto di cui all’art.545 c.p.c. limitando, tuttavia, il dissequestro, a quelle accreditate prima della notifica del provvedimento provvisoriamente ablatorio.
La Corte di legittimità ha annullato con rinvio per nuovo esame l’ordinanza impugnata, in quanto unitamente all’appello cautelare, la difesa aveva diligentemente prodotto la documentazione bancaria che attestava la parziale impignorabilità di alcune somme transitate sul conto dopo la notifica del decreto cui doveva ritenersi estesa l’impugnazione, ancorché nell’appello interposto ex art. 322 bis c.p.p. non vi fosse stata espressa richiesta in tal senso.
Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:
“…..Tuttavia, il ricorrente, nei motivi di appello, e precisamente nel motivo n.2 proposto in sede di appello cautelare, ha fatto espressamente istanza di applicazione dell’art. 545 cod. proc. civ. relativamente a somme percepite a titolo di emolumenti e ratei pensionistici allegando la documentazione contabile, così adempiendo agli oneri di allegazione indicati dalla giurisprudenza.
Tale documentazione, peraltro, è stata vagliata ed analizzata dal giudice a quo che, infatti, ha disposto la restituzione dei ratei ed emolumenti fino all’ammontare di euro 1.495,00, evidentemente potendo desumere agevolmente dalla documentazione prodotta la causale dei versamenti e quindi la natura qualificata dei crediti, tanto da conteggiare gli importi da restituire.
Né l’istanza non può ritenersi generica, in quanto invoca l’applicazione della norma, come dedotto nel secondo motivo di appello, ove diffusamente si richiama l’applicazione della norma processualcivilistica senza alcuna differenziazione tra accrediti anteriori alla data del sequestro e accrediti contestuali o successivi alla data del sequestro.
Non si può ritenere neppure condivisibile l’assunto secondo cui l’applicazione della norma imponga una richiesta dettagliata e con specifica indicazione del momento in cui è avvenuto l’accreditamento delle somme.
Pertanto, deve ritenersi che la motivazione del provvedimento impugnato sia carente o apparente, perché nega che vi sia stata produzione documentale e afferma la genericità dell’istanza, nonostante nell’atto di appello in sede cautelare la questione fosse stata espressamente devoluta al giudice al tribunale cautelare, con apposito motivo, che non può certo tacciarsi di genericità.
L’atto di gravame era, pertanto, del tutto idoneo a radicare in capo al Tribunale milanese il dovere di pronunciarsi sulla questione relativa alla completa applicazione della norma processualcivilistica di cui all’art. 545 cod. proc. civ. anche con riferimento agli accrediti contestuali o successivi alla data del sequestro, senza alcuna limitazione, nella misura indicata dai commi terzo, quarto, quinto e settimo”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA