Doppia condanna per bancarotta patrimoniale e truffa per l’imputato che sottrae dalle casse della società fallita il denaro provento del reato contro il patrimonio.

Segnalo la sentenza numero 48360/2022 – depositata il 21/12/2022, resa dalla Corte di Cassazione -sezione quinta penale, che si è pronunciata sulla questione giuridica, tutt’altro che rara nella pratica professionale, della possibilità di ritenere assorbito il reato di truffa nel più grave reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, quando il denaro oggetto della contestata distrazione è entrato nel patrimonio sociale della fallita mediante la consumazione del predetto delitto contro il patrimonio.

La pronuncia in commento, che si inserisce nel solco di un orientamento oramai consolidato, partendo dalla premessa che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della persona giuridica, ha disatteso la tesi difensiva che sosteneva l’assorbimento della bancarotta nella truffa, in quanto, il reato fallimentare, prevede una condotta ulteriore e successiva rispetta a quella decettiva che ha consentito di acquisire l’illecito profitto del reato contro il patrimonio.

 

Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Monza con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni tre di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nella sua qualità di amministratore unico di una s.r.l. unipersonale, dichiarata fallita, per avere distratto la somma di euro 200.000,00 versata a titolo di caparra da altra società  in relazione ad un contratto preliminare di vendita, in relazione al quale l’imputato aveva riportato precedente condanna passata in giudicato per il delitto previsto e punito dall’art. 640 cod. pen..

 

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione con il quale veniva denunciato vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata che aveva erroneamente ritenuto confermato la condanna inflitta in primo grado per il reato fallimentare nonostante il fatto illecito fosse unico ed avesse già formato oggetto di una pronuncia definitiva, così violando il principio del ne bis in idem.

La Suprema Corte, dando continuità all’orientamento giurisprudenziale dominante formatosi sul punto di diritto, ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“…Al riguardo costituisce orientamento consolidato che, in tema di reati fallimentari, il delitto di truffa non assorbe la condotta di bancarotta successivamente realizzata dal medesimo imputato attraverso la sottrazione al ceto creditorio delle somme derivanti dall’anzidetta condotta illecita, trattandosi di fatti illeciti naturalisticamente differenziati, dal momento che il rapporto strutturale tra i reati in oggetto è diverso da quello ricorrente tra appropriazione indebita e bancarotta, nel quale si ravvisa un’ipotesi di continenza (Sez. 5, n. 13399 del08/02/2019, Rv. 275094).

La provenienza illecita dei beni non esclude, invero, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, «giacché per beni del fallito ex art. 216 legge fallimentare, si intendono tutti quelli che fanno parte della sfera di disponibilità del patrimonio, indipendentemente dalla proprietà e dal modo del loro acquisto, rientrandovi, pertanto, anche i beni ottenuti con sistemi illeciti quali la truffa, inquanto l’iter criminoso di quest’ultima si esaurisce con l’acquisizione dei beni al patrimonio dell’imprenditore decotto, mentre la sottrazione bancarottiera degli  stessi beni a quest’ultimo è successiva e si ricollega ad una nuova ed autonoma azione, con la conseguenza che i due reati possono concorrere» (Sez. 5, n. 45332del 09/10/2009, Rapisarda, Rv. 245156; Sez. 5, n. 44159 del 20/11/2008,Bausone ed altri, Rv. 241692; Sez. 5, n. 42635 del 04/10/2004, Collodo e altri,Rv. 229908; Sez. 5, n. 12068 del 08/10/1991, Geraci, Rv. 188680).

Siffatti principi sono stati più volte riaffermati da questa Corte, che ha ribadito come il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante truffe), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi ad esso estranei (Sez. 5, n.53399 del30/05/2018, R., Rv. 274146; N. 23318 del 2004; N. 23318 del 2004; N. 8373 del2014; N. 8373 del 2014; N. 7814 del 1999; N. 44159 del 2008; N. 45332 del 2009; N. 22872 del 2003).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA