Non integra il reato di esercizio abusivo della professione l’attività del commerciante che si limita a recapitare i medicinali ai clienti della farmacia.

Segnalo la sentenza numero 48839/2022 – depositata il 22/12/2022, resa dalla Corte di Cassazione -sezione sesta penale, che ha affrontato il tema giuridico della configurabilità del reato di esercizio abusivo della professione a carico del commerciante che si interpone nella vendita di farmaci al pubblico.

La Corte di legittimità, con la pronuncia in commento, ha validato l’interpretazione offerta dal Collegio di appello che aveva riformato la sentenza di condanna inflitta dal primo Giudice ai farmacisti ed agli esercenti altre attività commerciali, incaricati di consegnare materialmente i farmaci ai clienti, tutti rinviati a giudizio per rispondere di concorso nel reato previsto e punito dall’art. 348 cod. pen..

Secondo la Suprema Corte, l’attività di deposito e distribuzione svolta dagli imputati (commercianti non farmacisti) che si limitavano a ricevere in consegna i farmaci ed a consegnarli ai destinatari senza svolgere alcuna attività di somministrazione diretta o commercio abusivo, non è inscrivibile nel perimetro punitivo dell’art. 348 cod. pen..

Inoltre, nel caso scrutinato, difettava, altresì, la indefettibile componente psicologica, ossia la consapevolezza  da parte degli imputati di svolgere attività proprie della professione di farmacista senza averne titolo, stante l’attività meramente materiale loro affidata dal soggetto abilitato (il farmacista).

Il reato contestato e il giudizio cautelare reale di merito.

Nel caso di specie agli imputati era stato contestato il delitto di esercizio abusivo della professione per la somministrazione al pubblico dei farmaci senza averne il titolo ed al di fuori dei locali aziendali nei quali doveva essere realizzata la loro vendita.

Il Tribunale di Messina affermava la penale responsabilità di tutti gli  imputati per il reato loro ascritto a titolo di concorso.

La Corte territoriale opinava diversamente, osservando che nel corso del processo in realtà era stato accertato che gli imputati non avevano né somministrato né commercializzato né distribuito abusivamente i farmaci, in quanto i medicinali venivano ordinati direttamente alla farmacista, che provvedeva a farli recapitare presso alcuni esercizi commerciali, ove i clienti si recavano a ritirarli, trovandoli in busta chiusa con intestazione della farmacia, nominativo del cliente e scontrino fiscale all’interno, come riscontrato in occasione della perquisizione.

Nel caso in cui era, invece, necessaria la prescrizione medica, la ricetta veniva inviata alla farmacia e solo dopo il farmaco veniva fatto recapitare presso gli esercizi commerciali.

Il fatto come sopra accertato, secondo la Corte di appello di Messina, non poteva quindi essere sussunto nel reato di cui all’art. 348 cod. pen., difettando gli elementi costitutivi della predetta norma incriminatrice.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

Il Procuratore Generale presso la Corte distrettuale e le parti civili costituite proponevano ricorso per cassazione contro la sentenza assolutoria di appello articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Corte regolatrice ha dichiarato l’inammissibilità dei ricorsi interposti dalla parte pubblica e da quelle private.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“… In primo luogo, va evidenziato che la violazione delle norme di legge indicate nei ricorsi, non contestate nel capo di imputazione e ravvisabile in astratto in ragione della natura di norma penale in bianco dell’art. 348 c.p., è priva di concreto riscontro quanto al mancato rispetto delle norme sulla conservazione dei farmaci o sul trasporto – per la necessità di trasporto a determinate temperature, non risultando tale circostanza accertata, ma solo ipotizzata.

Quanto all’attività di deposito e distribuzione svolta dagli imputati risulta che essi si limitavano a ricevere in consegna i farmaci, inviati dalla farmacia [omissis] tramite il [omissis], e a consegnarli ai destinatari senza svolgere alcuna attività di somministrazione diretta o commercio abusivo, a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice, atteso che i farmaci provenivano dalla farmacia, confezionati e posti in buste intestate alla farmacia, contenenti anche lo scontrino, su richiesta del cliente, il quale provvedeva ad inviare la ricetta in farmacia, al ritiro e al pagamento presso gli esercizi commerciali della [omissis] e della [omissis].

Quanto alle consegne al domicilio del cliente non risulta che le stesse avessero ad oggetto farmaci diversi da quelli da banco per i quali è necessaria la prescrizione.

Risulta del tutto erronea la valutazione del primo giudice circa l’attività di vendita al pubblico di farmaci svolta dagli imputati solo in forza del pagamento dei farmaci, pacificamente destinato alla farmacista [omissis], alla quale è addebitabile il reato di cui all’art. 122 TULP, che prevede un reato proprio del farmacista sicché è solo la [omissis]  a dover rispondere di detta violazione.

E’ infatti, pacifico che la vendita di medicinali da parte di persona non munita della prescritta abilitazione e non iscritta nell’albo professionale dei farmacisti integra il reato di cui all’art. 348 cod. pen. e non quello di cui all’art. 122 TU leggi sanitarie, che prevede un reato proprio, cioè la vendita di medicinali da parte di un farmacista, fuori della farmacia (Sez. 6, n. 5980 del 28/04/1981, Mizzon, Rv. 149395), sicché è erronea la contestazione del reato di cui all’art. 348 cod. pen. alla farmacista.

Tuttavia, quand’anche si volesse ritenere sussistente la condotta materiale, non è ravvisabile il dolo tipico della fattispecie, non risultando provata la consapevolezza degli imputati di svolgere attività proprie della professione di farmacista senza averne titolo, stante l’attività meramente materiale loro affidata da soggetto abilitato, che offriva alla clientela il servizio di consegna e recapito dei farmaci in un luogo concordato, comodo per il cliente”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA