Via libera al sequestro preventivo eseguito per intero sul patrimonio di uno solo degli indagati per concorso in sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte.

Segnalo la sentenza numero 47222/2022 – depositata il 14/12/2022, resa dalla Corte di Cassazione -sezione terza penale, che si è  pronunciata sul tema giuridico della legittimità del sequestro preventivo eseguito per equivalente e per l’intero profitto del reato tributario sul patrimonio di un solo indagato, ancorché, secondo la prospettazione accusatoria,  avrebbe concorso con altri,  per realizzare una attività decettiva qualificata come sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte.

La Corte di legittimità, partendo dalla natura sanzionatoria della confisca per equivalente disposta per i reati tributari sul patrimonio delle persone fisiche sottoposte ad indagine penale, ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo  eseguito per intero sul patrimonio del ricorrente, dando così continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale elaborato dal Supremo Consesso nella sua composizione più autorevole sin dal 2015 (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435).

La fattispecie scrutinata con la sentenza annotata ricorre con grande frequenza nella esperienza professionale di chi scrive, considerato che il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari, in caso di incapienza del patrimonio sociale della persona giuridica che avrebbe beneficiato dell’illecito risparmio di imposta, viene eseguito per equivalente sui beni mobili ed immobili degli indagati dotati di patrimonio aggredibile sino alla concorrenza dell’intero profitto del reato.

Chiaramente gli effetti provvisoriamente ablatori (quelli definitivi intervengono con la confisca che, come noto, presuppone una sentenza di condanna o di applicazione pena passate in giudicato) della misura cautelare reale, si amplificando nella sfera giuridica del soggetto che al momento della esecuzione del sequestro risulta intestatario o cointestatario di beni immediatamente aggredibili (liquidità sui conti correnti, anche cointestati; fondi di investimento; immobili; autovetture, liquidità in contanti ed oggetti preziosi;  natanti, ecc.), producendo in taluni casi effetti paralizzanti dell’intero patrimonio con le ovvie conseguenze.

L’imputazione provvisoria ed il giudizio cautelare reale di merito.

Secondo l’incolpazione provvisoria recepita dal Gip del Tribunale di Benevento che aveva disposto il decreto di sequestro preventivo, il reato previsto e punito dall’art. 11 d.lgs. ascrivibile all’indagato – ricorrente per cassazione – doveva ritenersi consumato mediante la simulata cessione di crediti da parte della [omissis] s.r.l. in favore di altra società: della cedente il ricorrente per cassazione era il legale rappresentante all’epoca dei fatti.

Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che lo svuotamento del patrimonio sociale della società cedente – poi fallita –  era stato realizzato ad iniziativa di altri soggetti ritenuti concorrenti nel reato di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte.

Il Tribunale di Benevento rigettava la richiesta di riesame confermando integralmente il provvedimento cautelare reale.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

La difesa dell’indagato proponeva ricorso per cassazione contro il provvedimento cautelare reale articolando plurimi motivi di impugnazione.

Con una articolazione difensiva, per quanto qui di interesse, veniva censurato il decreto di sequestro preventivo anche nella parte in cui aveva assoggettato alla ablazione per l’intero profitto del reato il patrimonio del ricorrente.

La Corte regolatrice ha rigettato il ricorso di legittimità.

Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“… Quanto al primo aspetto, il ricorrente omette di confrontarsi con il consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la confisca per equivalente e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, indipendentemente dalla quota del medesimo riferibile ad ognuno di loro, ed anche qualora il singolo correo non sia entrato nella disponibilità di alcuna parte del provento illecito.

Tale soluzione applicativa si ritiene coerente con il principio solidaristico che ispira la disciplina del concorso di persone nel reato e che, di conseguenza, implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente, nonché con la natura della confisca per equivalente, a cui va riconosciuto carattere eminentemente sanzionatorio (ex multis, cfr. Sez. 5, n. 19091 del 26/02/2020, dep. 23/06/2020, Buonpensiere, Rv. 279494; Sez. 6, n. 26621 del 10/04/2018, Ahmed, Rv. 273256; Sez. 2, n. 5553 del 09/01/2014, Clerici, Rv. 258342; Sez. 2, n. 45389 del 06/11/2008, Perino Gelsomino, Rv. 241974; Sez. 2, n. 9786 del 21/02/2007, Alfieri ed altri, Rv. 235842).

Si tratta di principi coerenti con la finalità anche dissuasiva e deterrente riferibile alla confisca di valore in considerazione della sua ormai pacifica qualificazione come sanzione (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435), ed in linea con lo scopo di sottrarre alla disponibilità del reo qualsivoglia vantaggio economico derivante dalla commissione dell’illecito, anche quando non sia esperibile la confisca diretta.

E’ dunque irrilevante definire quale sia la “quota” di profitto eventualmente incamerata dall’indagato o anche solo se egli abbia effettivamente ricavato una parte dello stesso a seguito della consumazione in concorso con altri del reato: ciò che conta è solo che il suddetto profitto sia effettivamente conseguito e che lo stesso non sia più (in tutto o in parte) acquisibile nella sua identità fisica “storica” o in quella che gli autori del reato gli hanno impresso procedendo alla sua trasformazione.

In presenza di tali presupposti, ciò che è disposto normativamente è infatti l’ablazione di beni di cui coloro che hanno commesso il reato vantano la titolarità in misura equivalente al valore del profitto del reato nella sua interezza considerato e non in proporzione all’entità del vantaggio economico individualmente ritratto.

La soluzione esposta non può inoltre ritenersi tale da violare i principi di personalità della responsabilità penale e di proporzionalità del trattamento sanzionatorio, in ragione del fatto che la misura è conseguente e proporzionata alla produzione del profitto illecito e non alla sua effettiva disponibilità, essendo quindi ragionevole che tutti coloro che siano concorsi a produrlo rispondano con i propri beni dell’impossibilità di recuperarlo (Sez. 5, n. 25560 del 20/05/2015, Gilardi, cit., in motivazione).

In altri termini, se la confisca / misura di sicurezza del profitto storico/ ha ad oggetto quello effettivamente rinvenuto nella disponibilità dei singoli concorrenti nel reato, la confisca-sanzione, proprio in ragione della sua natura, li colpisce indifferentemente – nella misura dell’ablazione complessiva di beni valore equivalente a quello del profitto storico – per il solo fatto che essi hanno indistintamente collaborato alla produzione di un profitto.

Pertanto, qualora non sia possibile individuare ed apprendere il profitto del reato nella sua identità e consistenza originaria, ed al fine di non frustrare la finalità di sottrarre all’imputato o al condannato qualsivoglia vantaggio economico conseguente all’attività illecita, pur quando se ne siano perse le tracce, si ammette la possibilità di eseguire la misura per l’intero nei confronti del singolo concorrente, indipendentemente dalla quota di profitto pervenuta nella sua disponibilità.

Si tratta, peraltro, di indirizzo ermeneutico accolto dalle stesse Sezioni Unite (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti, Rv. 239926), le quali sono intervenute con particolare riferimento all’ambito della responsabilità da reato degli enti, enunciando comunque principi suscettibili di assumere una valenza generale. Resta fermo, ovviamente, il principio del divieto di applicazione della misura ablatoria per un importo complessivamente superiore a quello del profitto oggetto di quantificazione, non potendo il sequestro preventivo avere un ambito più ampio di quello della successiva confisca (ex multis Sez. 6, n. 28264 del 26/03/2013, Anemone ed altro, Rv. 255610).

Di conseguenza, essendo contestato al [omissis] il concorso nel delitto ex art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, correttamente è stata disposto, nei suoi confronti, il sequestro preventivo per equivalente dell’intero profitto del reato, e non solo di quello concernente l’operazione da lui posta in essere, la quale, come si è detto, si colloca in un contesto più ampio, finalizzato al progressivo svuotamento del patrimonio della società, al fine di sottrarre la società medesima al pagamento delle imposte”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA