L’ordine di pubblicazione sui quotidiani della sentenza di condanna per diffamazione disposto ex art. 186 cod. pen. non viene travolto dalla prescrizione del reato.
Segnalo la sentenza numero 207/2023 – depositata il 05.01.2023 con la quale la Corte di Cassazione – sezione quinta penale, è tornata a pronunciarsi sull’istituto della pubblicazione della sentenza di condanna previsto dall’art. 186 cod. pen.. con riferimento all’istituto della prescrizione del reato.
La superiore norma penale prevede la possibilità da parte del Giudice penale di accogliere la richiesta della parte civile ed infliggere al colpevole, unitamente alla sanzione penale, quella della pubblicazione, a sue spese, della sentenza di condanna, qualora tale forma di pubblicità costituisca un mezzo idoneo per riparare il danno non patrimoniale cagionato con la commissione del reato, come per l’appunto nei reati che ledono la reputazione del soggetto passivo del reato.
La funzione della pubblicazione della sentenza di condanna, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, non è quello di pena accessoria, ovvero di mezzo preordinato alla prevenzione speciale rispetto a futuri reati, ma di strumento di risarcimento alla parte civile del danno non patrimoniale subito.
Nel caso di specie, il Tribunale di Bologna, giudicando in funzione di Giudice di appello interposto dall’imputato contro la sentenza di condanna resa dal Giudice di Pace cittadino, che aveva ordinato a richiesta della parte civile anche la pubblicazione della sentenza sui quotidiani nazionali, aveva dichiarato l’estinzione del reato per la maturata prescrizione revocando, per l’effetto, l’ordine di pubblicazione disposto ai sensi dell’art. 186 cod. pen.
La Corte di legittimità, investita della questione giuridica su ricorso della parte civile, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, censurando il capo della decisione del giudice di merito che aveva, erroneamente, attribuito natura di sanzione accessoria alla riparazione del danno mediante pubblicazione della sentenza di condanna, dando così continuità ai principi già sedimentati sul punto di diritto che sottraggono la statuizione civile in parola dal destino della prescrizione e ciò ai sensi dell’art. 578 c.p.p..
Per approfondimenti si allega la sentenza 207/2023 annotata.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA.