Per ottenere la punizione del colpevole della diffamazione commessa sui social network la querela deve essere presentata entro tre mesi dalla pubblicazione del singolo post offensivo.

Segnalo la sentenza numero 919/2023 depositata il 13/01/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sul tema della tempestività della querela nel caso in cui la persona offesa dal reato intenda ottenere la punizione in sede penale dell’autore di un post offensivo pubblicato sulla piattaforma di un social network.

Il Giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputata, tratta a giudizio per avere offeso, ripetutamente ed in tempi diversi, la reputazione della  persona offesa dal reato pubblicando post dal contenuto oggettivamente diffamatorio.

Contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Cagliari la difesa della giudicabile interponeva ricorso per cassazione denunciando plurimi vizi di legge e di motivazione.

La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha ritenuto manifestamente infondato il motivo di ricorso con il quale era stato denunciato vizio di legge della sentenza impugnata per non avere la Corte di appello omesso di dichiarare la maturata prescrizione e la intempestività della querela. 

Di seguito viene riportato il passaggio della motivazione di interesse per il presente commento: 

Erra la Corte territoriale nel ritenere che il momento consumativo di tutte le condotte diffamatorie ritenute a carico di [omissis], riunite ai sensi dell’art.81, secondo comma, cod. pen., coincida con quello di cessazione della continuazione, ossia con la data del 1 febbraio 2015.

La disposizione di cui all’art. 158, primo comma, cod. pen. – evocata nella sentenza impugnata (cfr. pag. 39) -, che, per effetto delle modifiche apportatevi dall’art. 1 lett. d), I. n. 9 gennaio 2019, n. 3, entrata in vigore il 1 gennaio 2020, fa decorrere il termine della prescrizione, per il reato continuato, dal giorno in cui è cessata la continuazione, non può, infatti, valere che per l’avvenire: e ciò, non solo per quel che riguarda la prescrizione, ma anche per quel che riguarda la querela, in considerazione della natura mista, sostanziale e processuale, di quest’ultimo istituto, che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità del reato (Sez. 5, n. 3019 del 09/10/2019, dep. 2020, Rv. 278656; Sez. 5, n. 44390 del 08/06/2015, Rv. 265999).

Tanto rilevato, deve darsi seguito all’orientamento interpretativo secondo il quale, in tema di reato continuato, da considerarsi fenomeno unitario solo per i limitati fini previsti espressamente dalla legge, il termine per proporre querela decorre autonomamente dalla data di consumazione di ogni singolo reato (Sez. 5, n. 41275 del 19/03/2015, Rv. 264817; Sez. 3, n. 183 del 15/11/2007, dep. 2008, Rv. 238607). 

 E’ stato, al riguardo, spiegato che, pur in presenza di un unico disegno criminoso, ogni episodio delittuoso conserva la sua individualità, avendo proprie caratteristiche e diversa potenzialità lesiva: la persona offesa, conseguentemente, ha il diritto di determinarsi diversamente con riguardo a ciascuno degli episodi, formulando, eventualmente, solo per taluni di essi istanza di punizione del presunto responsabile e soprassedendo per altri (Sez. 5, n. 2344 del 21/01/1999, Rv. 212620).

A ciò deve aggiungersi che è stato più volte affermato da questa Corte che, in tema di diffamazione tramite “Internet’, ai fini della individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l’immagine lesiva sono immesse sul “web”, atteso che l’interessato, normalmente, ha notizia del fatto commesso mediante la “rete” accedendo alla stessa direttamente o attraverso terzi che in tal modo ne siano venuti a conoscenza (Sez. 5, n. 22787 del 30/04/2021, Rv. 281261; Sez. 5, n. 38099 del 29/05/2015, Rv. 264999; Sez. 5, n. 23624 del 27/04/2012, Rv. 252964). 

Principio, questo, di cui occorre fare applicazione anche nel caso al vaglio, considerata la mancata allegazione da parte della persona offesa di elementi atti a collocare in una data posteriore rispetto alla pubblicazione del post diffamatorio, la sua conoscenza del fatto.

Ne viene che rispetto alla condotta diffamatoria posta in essere il 19 giugno 2014 la querela proposta da [omissis] il 3 febbraio 2015 (data, questa, in cui il relativo piego raccomandato è pervenuto presso la Questura di Cagliari) era tardiva: il che comporta che in riferimento ad essa la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché l’azione penale non doveva essere iniziata”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.