Per il superamento della soglia di punibilità nel reato di omessa dichiarazione vale il risultato dello spesometro integrato se non efficacemente contrastato dalla difesa dell’imputato.

Segnalo la sentenza numero 553/2023 depositata il 09/01/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale che si è pronunciata sul tema della prova del superamento della soglia di punibilità nel reato di omessa dichiarazione.

Il reato tributario in disamina punisce la condotta di chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila. 

La determinazione del reddito evaso in presenza della soglia di punibilità costituisce, evidentemente, uno dei punti centrali della difesa tecnica da articolare nel processo penale. 

Secondo la mia esperienza maturata in processi analoghi non si può prescindere dall’indicare come prova a discarico l’esame di un valido consulente tecnico che possa contrastare efficacemente il calcolo induttivo effettuato in sede di indagini preliminari dalla G.D.F. o dall’Agenzia delle Entrate.  

Tornado al caso di specie, i Giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputato, tratto a giudizio nella sua qualità di titolare di una ditta individuale per il delitto previsto e punito dall’art. 5 d.lgs. n.74/2000 relative a dette imposte: 1) per l’annualità 2013, evadendo l’Iva dovuta, per un importo pari ad almeno euro 51.587,92; 2) per l’annualità 2014, evadendo l’Irpef dovuta, per un importo pari ad almeno euro 66.873,27 e l’Iva dovuta per un importo pari ad almeno euro 61.235,55. 

La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha dichiarato inammissibile il ricorso anche in riferimento alla doglianza con la quale era stato denunciato vizio di legge e di motivazione  della sentenza impugnata per avere, la Corte di appello di Messina, ritenuto raggiunta la prova del superamento della soglia di punibilità sulla base degli accertamenti della Guardia di Finanza acquisiti in sede di istruttoria dibattimentale. 

Di seguito viene riportato il passaggio della motivazione di interesse per il presente commento: 

“La Corte distrettuale ha spiegato, con argomentazioni esenti da vizi logico giuridici, le ragioni per le quali non può ravvisarsi nell’operato della Guardia di Finanza, che effettuò le verifiche fiscali, alcuna violazione dei diritti della difesa. 

In motivazione, si è tenuto adeguatamente conto di tutti i costi sostenuti, poiché le operazioni passive erano state ricavate attraverso lo spesometro integrato, al pari di quelle attive, che descriveva il complesso delle attività dell’impresa nel corso degli anni 2013 e 2014. 

Inoltre, i militari operanti, hanno precisato che tutti i costi che erano riusciti a ricostruire erano stati riconosciuti inerenti all’attività esercitata e conseguentemente detratti dagli imponibili. 

Per contro, il ricorrente non ha specificatamente indicati i costi, in particolare quelli riguardanti i beni ammortizzabili, che non sarebbero stati detratti dai ricavi della ditta, rendendo il ricorso del tutto generico sul punto. 

Quanto, più in generale, alla prova del computo effettuato dalla polizia giudiziaria, la Corte d’appello ha ben evidenziato che è presente in atti un prospetto delle fatture rinvenute, il quale avrebbe consentito all’appellante di operare il ricalcolo dell’imponibile e di contestare specificamente l’ammontare delle imposte indicate come dovute nell’imputazione; operazione, questa, che la difesa non ha effettuato, essendosi limitata a rilevare, con doglianza poi riprodotta nel ricorso per cassazione, la necessità che tutte le fatture fossero prodotte in atti. 

Sul punto, il ricorrente si limita a contestare l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui questa produzione era stata effettuata all’udienza del 28 gennaio 2019, senza puntualmente richiamare gli atti di causa. 

Anche a prescindere dall’insufficienza della prospettazione difensiva, deve comunque rilevarsi che, non essendo configurabile una “prova legale” in materia di reati tributari, la dimostrazione a base del calcolo dell’imponibile non deve necessariamente essere fornita attraverso le fatture, essendo sufficiente a tal fine l’esito delle indagini condotte dalla polizia giudiziaria, emergente dalla documentazione da questa redatta in sede di accertamento, a meno che tale esito non sia compiutamente e specificamente contestato dalla difesa con puntuali riferimenti a dati documentali pretermessi o scorrettamente valutati”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.