Esclusa la condotta “eccentrica” del lavoratore che perde la vita attraversando un’area interdetta al passaggio pedonale.
Segnalo la sentenza di legittimità numero 928/2023 − depositata il 13/01/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quarta penale, che scrutinando in sede di legittimità le responsabilità dei garanti la sicurezza in cantiere affermate nei precedenti gradi di giudizio per cooperazione in omicidio colposo, è tornata a pronunciarsi sul tema giuridico, ricorrente perché quasi sempre allegata dalla difesa in processi analoghi, della interruzione del nesso di causalità tra la condotta omissiva ascritta al giudicabile e l’exitus infausto in ragione della condotta abnorme ed imprevebibile tenuta dalla vittima dell’incidente.
Nel caso di specie gli imputati, rinviati a giudizio nelle loro rispettive qualità di direttori generali della impresa committente e di quella appaltatrice (datore di lavoro della persona offesa), erano stati ritenuti responsabili, secondo la concorde decisione dei giudici di merito, del delitto previsto e punito dall’art.589 cod. pen., aggravato dalla violazione della disciplina dettata dal d.lgs. 9 aprile 2008, n.81, per avere, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia cagionato la morte dell’operaio investito da una pala meccanica dopo che la medesima vittima era transitata a piedi all’interno di un reparto produttivo, interdetto al traffico pedonale.
Le difese degli imputati impugnavano la sentenza resa dalla Corte territoriale di Torino articolando plurimi motivi di ricorso per cassazione.
Con una doglianza comune a tutti i ricorsi veniva enunciato vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata censurandone il punto in cui la condotta imprudente del lavoratore, come pacificamene riconosciuta in sede dibattimentale, non era stata ritenuta da sola causa esclusiva ed efficiente dell’evento di danno (morte dell’operaio).
La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha rigettato la superiore censura per le ragioni esplicate nei passaggi della motivazione di seguito riportati che danno continuità ad un orientamento oramai più che consolidato:
“Il Collegio ritiene, poi, infondata la doglianza, comune a tutti i ricorrenti, con cui è stata eccepita la riferibilità eziologica del decesso del [omissis] in via esclusiva alla sua condotta, in quanto da questi consapevolmente e volontariamente posta in essere con modalità del tutto imprevedibile ed immotivata, nonché eccentrica rispetto alle mansioni lavorative svolte, così da interrompere ogni nesso di causa tra le condotte imputabili ai ricorrenti e la verificazione dell’evento mortale.
La Corte di merito ha, infatti, escluso che la condotta colposa della vittima potesse avere inciso quale causa sopravvenuta sufficiente a determinare l’evento, invece limitando la quantificazione della sua partecipazione concorsuale nella misura del 20%.
Il [omissis], infatti, aveva certamente agito per colpa (entrando nel FOS 1 senza indossare il giubbotto e senza avvertire), ma, per come congruamente motivato dalla Corte territoriale, «all’epoca non vi erano divieti formalizzati, né sanzioni, l’ingresso attraverso i varchi interni e la circolazione nel FOS 1 non erano regolati in misura idonea», per cui l’ingresso e l’attraversamento di tale reparto, per quanto assai rischioso, non era, di fatto, impedito espressamente.
D’altro canto, la vittima era un lavoratore formalmente addetto ad un altro reparto, che tuttavia, pur non avendo il formale incarico di preposto, era solito relazionarsi con il suo datore di lavoro, muovendosi liberamente per il capannone.
Alla stregua delle indicate precisazioni, allora, la sentenza impugnata risulta conforme ai principi resi da questa Corte di legittimità in tema di interruzione del nesso causale tra la condotta del gestore del rischio e l’evento, in ragione dell’eccentricità del rischio determinato dalla condotta del lavoratore.
E’ stato osservato, infatti, che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando, diversamente dal caso di specie, la condotta del dipendente sia abnorme, dovendosi definire tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (così, tra le tante, Sez. 4, n. 40164 del 03/06/2004, Giustiniani, Rv. 229564-01).
La più recente interpretazione resa da questa Corte di legittimità ha, quindi, ricondotto, superando il requisito della radicale imprevedibilità, il concetto di abnormità della condotta colposa del lavoratore (interruttiva del nesso causale) a quella che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (così, tra le altre, Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748-01).
In tema di infortuni sul lavoro, cioè, la condotta abnorme del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell’ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso, Rv. 275017-01).
E’ stato, infine, chiarito che qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia in quanto l’inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro (Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017, dep. 2018, Spina, Rv. 273247-01)”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.