Il reato di detenzione di materiale pedopornografico sussiste anche se l’imputato ne ha la disponibilità tramite il cloud di un sito internet cui accede con password personali.
Segnalo la sentenza numero 3212/2023 − depositata il 01/02/2023, resa dalla Corte di Cassazione – sezione seconda penale, che ha ritenuto configurabile il reato di detenzione di materiale pedopornografico contestato all’imputato ne ha la disponibilità tramite l’accesso ad uno spazio di memoria sul cloud che contiene immagini e video di minorenni, consentito con l’uso di password personali.
Nel caso di specie al giudicabile che aveva riportato condanna nei due gradi del giudizio di merito, era stato contestato il delitto di cui all’art.600 quater, comma 1, cod. pen., ascrittogli per essersi consapevolmente procurato e per aver detenuto materiale pedopornografico realizzato utilizzando minori di 18 anni, consistente in 4082 file di natura pedopornografica, dei quali 1285 video ritraenti bambine di età compresa tra i 3 e i 14 anni intente in attività sessuali con adulti o di autoerotismo).
La difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di impugnazione.
Con una articolazione difensiva veniva denunciato vizio di legge della sentenza impugnata in riferimento all’elemento materiale del reato ritenuto insussistente in quanto, nei supporti informatici analizzati dalla polizia postale non risultavano memorizzati i files costituenti corpo del reato ed indicati nel capo di imputazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e sulla questione giuridica di interesse per il presente commento ha statuito quanto segue:
“….Alla luce di queste, del tutto univoche, risultanze, le doglianze formulate dal ricorrente con il primo motivo di ricorso risultano infondate, in quanto la sua responsabilità non è stata affatto affermata a causa e in conseguenza del rinvenimento delle tracce di navigazione verso i suddetti siti internet di cloud storage, di per sé sole inidonee a configurare la contestata detenzione di materiale pedopornografico, bensì a causa della disponibilità, dunque della detenzione, nel suddetto sito di cloud storage nell’account nella disponibilità del ricorrente, in quanto associato al suo indirizzo mail e al quale la polizia giudiziaria ebbe accesso utilizzando le credenziali fornite dallo stesso ricorrente, di 4082 file di natura pedopornografica, tra cui 1285 video ritraenti bambine di età tra i 3 e i 14 anni intente in attività sessuali.
Le tracce di navigazione, 18 verso il sito di cloud storage e 70 verso il sito [omissis] , sono state considerate come elementi di conferma della disponibilità e della utilizzazione dei suddetti account riferibili all’imputato presenti in tali siti di cloud storage, dunque della disponibilità da parte sua delle immagini e dei video di contenuto pedopornografico ivi archiviati.
L’esclusione della circostanza aggravante della ingente quantità del materiale pedopornografico, fondata sull’accertamento di sole 18 tracce di navigazione verso il suddetto sito di cloud storage, non si pone in contrasto con l’affermazione di responsabilità per la detenzione di tutte le immagini presenti nell’account riferibile all’imputato esistente in tale sito, risultando chiaro e univoco l’accertamento della disponibilità di tutte tale immagini da parte dell’imputato ed essendo irrilevante rispetto a tale accertamento il numero degli accessi verso detto sito.
Risultano, in definitiva, infondati i rilievi sollevati con il primo motivo di ricorso, essendo stata accertata la detenzione da parte del ricorrente (che la ha anche ammessa) di immagini e video di contenuto pedopornografico, in archivi di storage in cloud nella sua esclusiva disponibilità, da lui consultabili in via esclusiva e incondizionatamente, senza limitazioni, accedendovi con le proprie credenziali elettroniche.
Correttamente, dunque, è stata affermata la configurabilità del reato contestato, essendo compresa nel concetto di detenzione non solo la disponibilità di file pedopornografici archiviati permanentemente in un dispositivo informatico nel possesso materiale del detentore, ma anche la disponibilità di file accessibili senza limiti di tempo e di luogo in un archivio virtuale consultabile, senza restrizioni, mediante credenziali di autenticazione in uso esclusivo o condiviso tra il titolare e altri utilizzatori, in modo da poterne ampiamente disporre e da compiere una vasta gamma di operazioni (visualizzazione, consultazione, aggiornamento, trasferimento o archiviazione)”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.