Condannato per falsità materiale in atto pubblico il chirurgo plastico che altera il modulo di consenso informato firmato dal paziente.

Segnalo la sentenza numero 4803.2023 – depositata il 03.02.2023, resa dalla sezione quinta penale della Suprema Corte, che ha affrontato la questione di diritto della qualificazione giuridica della condotta tenuta dal sanitario che modifica, evidentemente allo scopo di autotutelarsi, il modulo di consenso informato sottoscritto dal paziente prima dell’intervento chirurgico.

Secondo quanto si evince dalla sentenza annotata, l’imputato era stata  rinviato a giudizio per rispondere del reato delitto di cui all’art. 476, commi 1 e 2, cod. pen., per avere, nella qualità di medico in servizio presso il reparto di chirurgia plastica dell’ospedale [omissis] alterato il modulo sottoscritto dal paziente  di consenso informato all’intervento chirurgico – da qualificare atto fidefaciente (ossia l’atto fa fede sino a querela di falso ed è punito con la reclusione da tre a dieci anni)  in quanto parte integrante della cartella clinica – apportandovi successivamente alla sua formazione svariate aggiunte.

I giudici del doppio grado di merito ne avevano affermato la penale responsabilità condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.

La Suprema Corte investita del processo ha dichiarato inammissibile l’interposto ricorso, statuendo quanto segue in ordine alla condotta materiale del reato contro la fede pubblica ascritto all’imputato: 

“Il primo motivo è manifestamente infondato. 

Al riguardo, va ricordato che «la cartella clinica redatta dal medico di una struttura sanitaria pubblica ha natura di atto pubblico munito di fede privilegiata con riferimento alla sua provenienza dal pubblico ufficiale e ai fatti da questi attestati come avvenuti in sua presenza>> (Sez. 5, n. 31858 cinl 16/04/2009, P., Rv. 244907). 

La natura di atto pubblico munito di fede privilegiata, pertanto, deve essere riconosciuta anche alla parte della cartella relativa al consenso informato, nella quale il medico attesta come avvenuto in sua presenza il fatto della manifestazione del consenso all’intervento chirurgico espresso dal paziente. 

Del tutto irrilevanti appaiono le argomentazioni spese dal ricorrente in ordine alla forma richiesta per la manifestazione del consenso: l’atto rimarrebbe fidefaciente anche se il medico avesse attestato che il paziente aveva manifestato oralmente il proprio consenso all’intervento. 

Ciò che rileva non è la forma del consenso, ma il fatto che il medico ha attestato falsamente che esso sia stato prestato”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA