L’appropriazione indebita dell’amministratore di condominio si perfeziona con il momento della negoziazione degli assegni anche se successivo al passaggio di consegne con il nuovo professionista.
Segnalo la sentenza di legittimità numero 4821/2023 − depositata il 03/01/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione seconda penale, che ha affrontato il tema del computo del termine di prescrizione del delitto di appropriazione indebita commesso dall’amministratore di condominio infedele, che si appropria, ingiustificatamente, delle risorse economiche dei condomini, sottraendole all’ente di gestione della cosa comune.
Nel caso di specie, dalla lettura della sentenza annotata, si ricava che l’imputato, all’atto del passaggio di consegne intervenuto con il nuovo amministratore, trattenne per sé, indebitamente, alcuni assegni tratti sul conto del condominio, per poi utilizzarli per scopi personali a distanza di ben quattro anni dalla cessazione del suo incarico gestorio.
I Giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto che la condotta contestata all’imputato, oltre ad integrare la materialità del delitto di appropriazione indebita, avesse fornito la prova incontrovertibile della chiara volontà del giudicabile di perseguire un ingiusto profitto in danno della platea condominiale.
La difesa dell’imputato impugnava la sentenza resa dalla Corte territoriale di Torino articolando un unico motivo di ricorso per cassazione: denunciava vizio di legge connesso alla mancata declaratoria di estinzione del reato per l’intervenuta prescrizione, il cui decorso, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di merito, doveva avere inizio dalla data di passaggio di consegne quando non venne riconsegnato il carnet di assegni e non da quello della negoziazione dei medesimi titoli di credito.
La Corte di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso, statuendo il principio di diritto che segue, che si pone in linea con i precenti arresti giurisprudenziali richiamati nella parte motiva:
“Questa Corte ha avuto modo di precisare che il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, nel momento in cui l’agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria (Sez. 2 – , Sentenza n. 15735 del 14/02/2020 Ud. (dep. 25/05/2020 ) Rv. 279225 – 01).
Con particolare riferimento ai titoli di credito, giurisprudenza risalente ha precisato che il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento in cui insieme all’elemento soggettivo concorre obbiettivamente un atto di disposizione del bene, non essendo sufficiente per la configurabilità del reato la sola intenzione di convertire il possesso in dominio, ove essa non si sia concretamente realizzata; pertanto, nel caso di appropriazione di titoli di credito, tale condizione si realizza con il porre in circolazione i titoli stessi, perché solo in tal modo ed in quel momento si manifesta la volontà del possessore di invertire il titolo del possesso per trarre dalla cosa un ingiusto profitto. (Sez. 2, Sentenza n. 1824 del 07/11/1997 Ud. (dep. 12/02/1998 ) Rv. 209926 – 01 ).
Alla stregua di questi principi, che il collegio condivide, l’unico motivo di ricorso è infondato perché è vero che nel caso in esame la mancata restituzione del carnet dei titoli di credito si è verificata in occasione del passaggio delle consegne al nuovo amministratore, ma va rilevato che la interversio possessionis si è palesata solo nel momento in cui l’imputato ha deciso di utilizzare i detti titoli e di metterli in circolazione, agendo uti dominus.
Prendendo in considerazione tale data, correttamente indicata nel capo d’imputazione, il reato non è ancora prescritto”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.