La Cassazione torna a precisare il discrimine tra la bancarotta fraudolenta documentale e quella semplice.

Segnalo la sentenza di legittimità n. 7381/2023 depositata il 21/02/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quinta penale che decidendo su una ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale è tornata ad affrontare il tema giuridico, molto ricorrente nella prassi professionale, della distinzione tra i reati di bancarotta fraudolenta documentale (previsto e punito dall’art. 216 L.F) e quello meno afflittivo della bancarotta semplice documentale (previsto e punito dall’art. 217L.F.), che risiede, sostanzialmente, nel diverso atteggiarsi dell’elemento psicologico del reato.  

Nel caso di specie, i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto che la irregolare e confusa tenuta della contabilità della società di persone legalmente rappresentata dall’imputato, oltre alla condotta materiale descritta dalla norma incriminatrice, consentisse di ritenere provata anche la componente psicologica del reato.  

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale di Torino, interponeva ricorso per cassazione la difesa del giudicabile denunciando, per quanto di interesse per la presente nota, il vizio di omessa motivazione da parte del Collegio di appello in ordine componente psicologica del reato fallimentare, stigmatizzato con uno specifico motivo di appello cui non era stata data adeguata risposta. 

La Suprema Corte ha accolto il superiore motivo di ricorso annullando con rinvio la sentenza impugnata per nuovo giudizio:  

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento riferiti alla questione giuridica della diversa componente psicologica del reato che connota le due ipotesi di reato:

E’ fondato, invece, il primo motivo di ricorso, nella parte in cui lamenta vizio di motivazione quanto al coefficiente soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale sub D) quale momento di distinguo rispetto alla bancarotta semplice. 

Avuto riguardo alla bancarotta documentale ritenuta dai Giudici di merito, cosiddetta “generale”, va ricordato che si tratta di reato a dolo generico, che consiste nella consapevolezza, in capo all’agente, che, attraverso la volontaria tenuta della contabilità in maniera incompleta o confusa, possa risultare impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio o dell’andamento degli affari; è esclusa, di contro, l’esigenza che il dolo sia integrato dall’intenzione di impedire detta ricostruzione, in quanto la locuzione «in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari» connota la condotta — della quale costituisce una caratteristica — e non la volontà dell’agente, sicché è da respingere l’idea che essa richieda il dolo specifico (Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013, dep. 2014, Manfredini, Rv. 258881; Sez. 5, n. 21872 del 25/03/2010, Laudiero, Rv. 247444; Sez. 5, n. 21075 del 25/03/2004, Lorusso, Rv. 229321). 

Quanto al distinguo con la bancarotta documentale semplice, questa Corte ha precisato che esso concerne proprio il diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2), legge fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630; Sez. 5, n. 48523 del 06/10/2011, Barbieri, Rv. 251709; Sez. 5, n. 6769 del 18/10/2005, dep. 2006, Dalceggio, Rv. 233997). 

Tanto premesso, la motivazione della sentenza impugnata e quella della sentenza di primo grado non sono in linea con i principi suesposti. 

A proposito della sentenza di primo grado, il Collegio osserva che il Giudice dell’udienza preliminare aveva affermato che la tenuta della contabilità tenuta maniera approssimativa era dovuta “evidentemente alla scarsa attenzione che l’imputato dedicava agli adempimenti contabili”, facendo così riferimento ad una condotta colposa, il che costituisce affermazione distonica rispetto al giudizio di penale responsabilità per la bancarotta fraudolenta documentale. 

Dal canto suo, la sentenza impugnata — pur a fronte di un motivo di appello ben strutturato — ha sinteticamente collegato la fraudolenza della tenuta della contabilità della ” f.11i omissis ” alle vicende distrattive che avevano riguardato la ” f.11i omissis”,  mentre si tratta di due società diverse e le sentenze di merito non hanno evidenziato che vi fosse un collegamento tra le due vicende che possa dare rilievo giustificativo a tale enunciato. 

Nulla si dice, di contro, a proposito della volontà dell’imputato di tenere le scritture in maniera incompleta o confusa con la possibilità che ciò rendesse impossibile o altamente difficoltosa la ricostruzione delle vicende societarie”

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.