Per poter applicare la causa di non punibilità ai reati tributari dichiarativi è necessario che l’imputato adempia integralmente all’obbligazione fiscale prima di avere avuto conoscenza di procedimenti amministrativi o penali a suo carico.
Segnalo la sentenza numero 8174/2023 − depositata il 24/02/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sui riflessi che il pagamento del debito tributario produce sul processo penale, quando l’imputato è chiamato a rispondere dei reati tributari dichiarativi, vale a dire quelli previsti e puniti dagli artt. 2, 3, 4 e 5 d.lgs. n.74/2000.
Nel caso di specie nei confronti dell’imputato era stata applicata la pena concordata tra le parti in riferimento a plurime contestazioni di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art.2 d.lgs. n.74/2000).
Contro la sentenza resa dal G.I.P. del Tribunale di Milano la difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione deducendo che l’intervenuto pagamento del debito tributario avrebbe imposto al Giudice di prosciogliere ex art.129 c.p.p. il giudicabile, ricorrendo una causa di non punibilità.
La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha rigettato il ricorso ritenendo non sussistenti i presupposti richiesti dall’art. 13, comma 2, d.lgs. n.74 del 2000.
Di seguito vengono riportati i passaggi della motivazione di interesse per il presente commento:
“…Ciò significa che, con riferimento ai reati tributari dichiarativi richiamati dall’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 (ossia quelli contemplati dagli artt. 2, 3, 4 e 5), l’integrale pagamento del debito (comprensivo di sanzioni amministrative ed interessi) assume una duplice connotazione.
Se esso si verifica prima della formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali ciò integra la causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000; soltanto a questa condizione l’adempimento del debito integra gli estremi di una spontanea condotta resipiscente che può giustificare la rinuncia alla punibilità.
Se, viceversa, viene effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento ma dopo la formale conoscenza dell’inizio di un accertamento fiscale o di un procedimento penale, esso, per un verso, consente all’autore del reato di accedere al “patteggiamento” ed ai correlativi benefici premiali, e, per altro verso, integra la circostanza attenuante di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 (cfr. Sez. 3, n. 9083 del 12/01/2021, dep. 05/03/2021, Matassini, Rv. 281709; Sez. 3, n. 47287 del 02/10/2019, Cetin Mehet Emin Rv. 277897)”
….. Venendo al caso di specie, pur ritenendo astrattamente applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 anche a fatti antecedenti all’entrata in vigore della norma come novellata nel 2019, ha escluso, in concreto, la sussistenza dei presupposti applicativi, sia perché sono state messe a disposizione dell’autorità somme in misure ridotta rispetto a quelle evase – e, sul punto, l’affermazione dei ricorrenti secondo cui risulta accertato l’integrale pagamento degli importi dovuti compresi sanzioni e circostanza di cui al comma 1″, ossia l’estinzione del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento, è meramente assertiva, non indicando alcun atto del procedimento da cui risulti detta circostanza -, sia perché ciò è avvenuto successivamente all’avvio delle indagini, requisito che, come detto, deve essere accertato anche in relazione ai fatti pregressi all’entrata in vigore della novella del 2019.
Di conseguenza, non solo non sussistono gli estremi per l’applicazione dell’invocata causa di non punibilità, ma nemmeno gli imputati avrebbe potuto accedere al rito premiale, posto che l’estinzione del debito tributario – da quanto si apprende dalla sentenza – non è stato integrale”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.