Nessuna evasione di imposta può essere addebitata a chi eredita una quota di una società di persone se dal processo non emerge la prova dell’incasso della somma.
Segnalo ed allego la sentenza numero 8743/2023 − depositata il 01/03/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sulla sussistenza del delitto tributario di omessa dichiarazione quando l’erede riceve un’utilità patrimoniale derivante dal trasferimento mortis causa della partecipazione sociale già in capo de cuius, socio di una società di persone, nel caso di specie proprietaria di un hotel.
Secondo quanto emerge dalla lettura della sentenza in commento i giudici del doppio grado di merito, avevano, concordemente, riconosciuto l’imputato responsabile del reato previsto e punito dall’art. 5 d.lgs. n.74/2000 perché, al fine di evadere le imposte sui redditi, non presentava, pur essendovi obbligato, in relazione all’anno di imposta 2016, la relativa dichiarazione, realizzando un’evasione di Irpef pari ad euro 128.653,00.
Nel corso del giudizio di merito era stata acquista la prova che l’imputato aveva ottenuto dai coeredi la liquidazione del valore della sua quota di partecipazione alla società in nome collettivo mediante transazione intervenuta con gli altri aventi diritto ma non quella del pagamento dell’importo concordato.
La somma riconosciuta a titolo transattivo veniva, tuttavia, considerata base imponibile sulla quale era stata calcolata l’imposta diretta non dichiarata sussunta nel reato di omessa dichiarazione.
Contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Messina la difesa proponeva ricorso per cassazione, denunciando vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata per carenza dell’elemento oggettivo del reato, tenuto conto che il giudicabile non era mai entrato nella disponibilità della somma a lui riconosciuta dai coeredi e che, pertanto, dovendosi applicare il regime c.d. per cassa secondo il quale solo la percezione della somma determina la formazione dell’imponibile, nessuna evasione fiscale poteva essere ascritta al prevenuto.
La Suprema Corte ha accolto la tesi difensiva annullando senza rinvio la sentenza con la formula perché il fatto non sussiste, per le ragioni riportate nella articolata ed interessante motivazione per la quale si rimanda alla lettura della sentenza.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.