La Cassazione annulla la sentenza che non motiva sul dolo specifico della bancarotta fraudolenta documentale quando è contestata la mancata consegna delle scritture contabili.
Segnalo la sentenza numero 9952/2023 – depositata il 09.03.2023, con la quale la Corte di Cassazione – sezione quinta penale, si è pronunciata sull’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta documentale quando risulta contestata nella forma c.d. specifica, che si configura ogni qualvolta l’imputato è chiamato a rispondere della sottrazione o della distruzione dei libri e delle scritture contabili, rese di fatto indisponibili alla procedura concorsuale.
Nel caso di specie, i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto provata la penale responsabilità dell’imputato – rinviato a giudizio quale titolare di una impresa individuale dichiarata fallita, per il delitto previsto e punito dall’art. 216, comma primo, n. 2, legge fallimentare.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza resa dalla Corte territoriale di Palermo, denunciando, per quanto qui di interesse, vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui non erano state rese esplicite le ragioni dimostrative della volontà dell’agente di procurare a sé un ingiusto profitto, ovvero di recare danno ai creditori.
La Corte di legittimità ha accolto la superiore doglianza ed annullato con rinvio la sentenza impugnata per nuovo giudizio, con la motivazione che segue:
“….Deve preliminarmente osservarsi che l’imputazione è articolata per ipotesi alternative: è, infatti, contestata al [omissis] la sottrazione delle scritture contabili della impresa, nonché la tenuta delle stesse in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o degli affari.
Va allora ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2 I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (si veda, tra le tante, Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 2798:38 – 01; massime precedenti conformi: n. 18634 del 2017 rv. 269904 – 01, n. 26379 del 2019 rv. 276650 – Ci1, n. 43977 del 2017 rv. 271753 – 01, n. 43966 del 2017 rv. 271611).
La sentenza impugnata (pag. 15) ha fatto riferimento alla mancata consegna al curatore da parte del [omissis] di tutta la documentazione contabile dell’impresa, senza tuttavia argomentare in maniera congrua e non manifestamente illogica sulla sussistenza del dolo specifico, richiesto dalla prima delle ipotesi disciplinate dall’art. 216, comma primo, n. 2 l.. fall., sebbene con l’atto di appello l’imputato avesse contestato la sussistenza dell’elemento soggettivo.
La sentenza va dunque annullata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Palermo, la quale dovrà attenersi ai principi sopra delineati in materia di elemento soggettivo del reato di bancarotta documentale”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA.