Per ottenere la revisione della sentenza di “patteggiamento” dell’Ente è necessaria l’assoluzione dell’imputato dal reato presupposto per insussistenza del fatto storico addebitato.
Segnalo ed allego la sentenza numero 10143/2023 − depositata il 10/03/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quarta penale, che si è pronunciata sugli effetti che può dispiegare la sentenza assolutoria emessa in favore dell’imputato rinviato a giudizio per lesioni colpose aggravate dalla violazione della disciplina sulla sicurezza del lavoro su quella di condanna o di applicazione pena resa nei confronti dell’Ente chiamato a rispondere ex d.lgs. 231/2001 della contestata colpa organizzativa.
Dalla lettura della sentenza in commento si evince la Corte di appello di Campobasso aveva rigettato la richiesta di revisione della sentenza di applicazione pena resa nei confronti una società di capitali nei cui confronti era stata elevata una imputazione di responsabilità amministrativa per il reato p. e p. dall’art. 25 septies d.lgs. n.231/2001, in ragione di un incidente sul lavoro per il quale erano stati assolti dal delitto di lesioni colpose i due imputati giudicati separatamente.
Secondo la tesi della difesa, l’assoluzione con la formula perché il fatto non sussiste pronunciata nei confronti delle persone fisiche tratte a giudizio, era idonea ad escludere la sussistenza del reato presupposto della responsabilità amministrativa ed a rimuovere il giudicato formatosi con la pena concordata tra le parti.
Al contrario, la Corte territoriale adita, aveva rigettato l’istanza osservando la mancata ricorrenza dei presupposti applicativi dell’istituto della revisione.
In particolare, il Collegio di merito, ha richiamato il consolidato principio stabilito in sede di legittimità, in base al quale, in caso di contrasto tra giudicati, è possibile la revisione soltanto ove vi sia inconciliabilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle due sentenze, negando tale requisito nel caso scrutinato, perché l’assoluzione era intervenuta per carenza della posizione di garanzia degli imputati e non per effettiva insussistenza della responsabilità in ordine all’incidente occorso all’operaio.
In sostanza, il primo Giudice, avrebbe dovuto adottare la formula assolutoria per non avere commesso il fatto in luogo di quella perché il fatto non sussiste.
Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione denunciando vizio di legge della sentenza impugnata.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito viene riportato il passaggio della motivazione di interesse per il presente commento che ha fatto applicazione al caso in disamina di principi giurisprudenziali consolidati nella giurisprudenza di legittimità:
“In caso di revisione della sentenza avente ad oggetto la responsabilità dell’ente ai sensi del d.lgs. 231/01 per contrasto di giudicato – art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. – ove in separato giudizio si sia pervenuti all’assoluzione della persona fisica per il reato presupposto, è sempre necessario verificare se la ricorrenza del fatto illecito sia stata accertata, discendendo la inconciliabilità del giudicato solo dalla negazione del fatto storico e non anche dalla mancata individuazione della persona fisica del suo autore.
Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. n. 231 del 2001, la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.