Bancarotta documentale: l’esercizio dei poteri gestori in forza di ampia procura speciale vale a dimostrare la qualità di amministratore di fatto della società fallita.

Segnalo la sentenza di legittimità numero 8999/2023 depositata il 02/03/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quinta penale, che si è pronunciata sul tema giuridico degli indici probatori che il Giudice del merito può utilizzare per raggiungere la prova della qualità di amministratore di fatto della società fallita. 

Nel caso di specie all’imputato era stato contestato il reato di bancarotta fraudolenta documentale, per avere, prima come amministratore di fatto e procuratore di un società di capitali sino ad una certa data e poi quale amministratore di diritto del medesimo ente, tenuto i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

L’impianto accusatorio veniva ritenuto fondato dai giudici del doppio grado di merito che affermavano, concordemente, la penale responsabilità del giudicabile per il reato a lui ascritto.

La difesa dell’imputato impugnava la sentenza resa dalla Corte territoriale di Bologna, articolando plurimi motivi di ricorso per cassazione; con una censura veniva contestato il capo di sentenza che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato nella veste di amministratore di fatto  

La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha dichiarato inammissibile il ricorso e sulla questione giuridica in disamina, ha affermato il seguente principio:

Orbene, la Corte di appello ha spiegato – con motivazione congrua e non contraddittoria – che la circostanza che l’odierno ricorrente avesse rivestito la qualità di amministratore di fatto, nel periodo oggetto di imputazione, si ricavava dal fatto che egli aveva sostanzialmente amministrato la società in forza della procura speciale rilasciatagli dalla amministratrice formale della società fallita che avrebbe rivestito la carica di amministratore solo formalmente, ma che avrebbe fatto tutto lui in forza della amplissima e totalizzante procura speciale rilasciatagli, in forza della quale l’odierno ricorrente si era occupato sostanzialmente di tutta la gestione. 

La Corte territoriale ha poi evidenziato, in modo coerente, che la [omissis – amministratrice di diritto] non aveva svolto e non avrebbe potuto svolgere alcun ruolo direttivo in considerazione delle sue precarie condizioni di salute e che, invece, tali compiti erano stati svolti dal  [omissis]come confermato anche da un dipendente della società e dalla stessa relazione consegnata dall’imputato al curatore fallimentare.

Inoltre, nella sentenza impugnata viene dato rilievo – sempre con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – al fatto che il [omissis] sino al 22 maggio 2009 svolgeva le funzioni di amministratore in forza della sopra citata amplissima procura speciale, non aveva tenuto correttamente le scritture contabili non essendo stata registrata l’operazione avvenuta nel febbraio del 2009 che era consistita, come riferito dal curatore fallimentare, nel versamento presso un conto acceso a nome della società presso la di due assegni e di un versamento in contanti per complessivi euro 26.000, somma che poi nei giorni immediatamente successivi era stata quasi interamente incamerata dal ricorrente mediante tre bonifici”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.