Il reato tributario di dichiarazione infedele può essere commesso anche con la dichiarazione integrativa trasmessa per abbattere l’imponibile fiscale.
Segnalo ed allego la sentenza di legittimità numero 10726/2023 − depositata il 14/03/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sul tema giuridico della rilevanza penale che può assumere la dichiarazione integrativa ai fini della integrazione del delitto tributario di dichiarazione infedele, previsto e punito dall’art. 4 d.lgs. n.74/2000.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che l’amministratore di una società di capitali al fine di ridurre l’imponibile fiscale ai Ires ed Iva, aveva indicato nella dichiarazione fiscale integrativa una serie di operazione di reverse change fittizie – segnatamente cessione di fabbricati strumentali ed appalti nel settore edilizio – favorendo così l’evasione di imposte dirette ed indirette da parte dell’ente.
La Suprema Corte, disattendendo la tesi del difensore dell’imputato, ha ritenuto che le dichiarazioni integrative rientrano nel perimetro punitivo dell’articolo 4 del Dlgs 74/2000 qualora introducano elementi attivi non conformi a quelli effettivi o elementi passivi inesistenti, sempre che risulti superata le soglie di punibilità contemplate dalla medesima fattispecie di reato
La Corte di legittimità, nel dirimere il caso di specie, ha affrontato, altresì, il tema della individuazione del dies a quo della prescrizione del reato in parola, facendolo coincidere con la data della presentazione della dichiarazione integrativa processualmente accertata come mendace, realizzandosi solo in quel momento la condotta decettiva vietata dalla norma incriminatrice.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.