Omicidio colposo per la caduta di un ramo se l’impresa che esegue il lavoro non delimita l’area della potatura.
Segnalo la sentenza di legittimità numero 5714/2023 − depositata il 10/02/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quarta penale, che si è pronunciata sulla responsabilità penale dell’impresa chiamata ad eseguire lavori di potatura in un’area privata, quando la mancata predisposizione delle misure di prevenzione e di sicurezza degli incidenti sul lavoro crea un’area di rischio per l’incolumità anche dei terzi estranei all’organizzazione dell’impresa appaltatrice.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che l’imputato era stato rinviato a giudizio e ritenuto responsabile del reato a lui ascritto secondo il giudizio concorde dei giudici di merito, perché, quale titolare di una ditta individuale, nell’eseguire lavori di potatura di due cipressi presenti nel giardino del committente dal quale si era fatto aiutare, aveva tagliato un ramo che impattando sul terreno dalla parte della chioma, era rimbalzato ed aveva colpito al capo un familiare del proprietario – committente che si trovava nella zona del giardino il quale era deceduto sul colpo a causa dell’impatto con la zona cerebrale.
Era stata quindi elevata nei confronti dell’imprenditore l’imputazione di omicidio colposo per colpa, negligenza ed l’imprudenza, consistita nell’essersi fatto aiutare nella lavorazione da persona priva di formazione e di adeguate conoscenze per quel tipo di lavoro, e la violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ed in particolare degli artt. 109 e 116 primo comma lett. e) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 per non aver preso le misure necessarie e idonee ad impedire l’avvicinamento di persone estranee alla zona di pericolo interessata dai lavori, quali,, in particolare, la delimitazione della zona con transenne ovvero con nastro segnaletico.
La difesa dell’imputato impugnava la sentenza resa dalla Corte territoriale di Milano articolando plurimi motivi di impugnazione tendenti ad escludere la responsabilità per colpa anche in termini controfattuali.
La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha rigettato il ricorso statuendo i principi di diritto che seguono:
“ Nell’affermare la sussistenza della colpa specifica la Corte ha osservato che le mere raccomandazioni orali rivolte da [omissis] ai membri della famiglia [omissis] non potevano essere considerate sufficienti e che la regola cautelare violata, ovvero quella prevista dagli artt.109 e 116 del d.lgs.n.81/2008, imponeva di delimitare l’area di svolgimento delle operazioni di potatura con predisposizione di transenne, ovvero con adozione di nastro isolante o altro analogo presidio visibile e non surrogabile da inviti verbali.
I giudici hanno anche adeguatamente vagliato il tema della causalità della colpa intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l’evento, posta in essere attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e a rendere evitabile il prodursi di quel rischio (Sez 4. n. 40050 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv273870; Sez. 4, n. 17000 del 05/04/2016, Scalise, Rv.266645).
Alla censura con cui il ricorrente assume che l’evento verificatosi era diverso rispetto a quello che la regola violata mirava a prevenire e quindi, per ciò solo imprevedibile , la Corte ha obiettato, in maniera coerente, che le cautele omesse erano, invece, volte ad evitare accadimenti quale quello in concreto verificatosi, ossia erano state introdotte dal legislatore proprio al fine di prevenire imprudenze comportamentali dei lavoratori o di terze persone.
La lavorazione in corso, ovvero la potatura dei rami comportava, come diretta conseguenza, la caduta al suolo dei rami, sicché la segnalazione e la recinzione doveva ricomprendere tutto il perimetro dell’area entro il quale tale caduta poteva verificarsi.
Coerentemente i giudici hanno rilevato che il fatto che i lavori avessero interessato un’area privata e l’infortunato ne fosse stato il committente non valeva ad escludere l’operatività della norma del Testo Unico sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, che prevede un obbligo generalizzato di recinzione dell’area interessata dal cantiere, in modo da impedire la sosta o il transito dei non addetti alle lavorazioni.
Nel caso di specie, inoltre, i giudici, hanno escluso che la condotta della vittima, consistita nell’avvicinarsi alla zona interessata dai lavori di potatura, avesse interrotto il nesso di causalità, rilevando che la regola cautelare violata dall’imputato era volta a prevenire tali tipo di condotte.
La decisione della Corte è ancora una volta rispettosa dei principi che governano l’accertamento della causalità ed in particolare del principio per cui, all’interno dell’area di rischio che il datore di lavoro investito della posizione di garanzia è chiamato a governare, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT e/ Musso Paolo, rv. 275017); oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro: oppure ancora vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222) .
Infine la Corte di Appello si è fatta carico anche del c.d. giudizio controfattuale ovvero della verifica in ordine alla idoneità del comportamento alternativo lecito ad evitare l’evento con un giudizio di alta probabilità logica secondo il dictum delle Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261105 e delle Sezioni Unite n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138.
Al fine di confutare le pretese lacune lamentate dal ricorrente, ha osservato che il rispetto della regola, ovvero l’adozione di un adeguato sistema di recinzione dell’area, avrebbe impedito alla vittima di avvicinarsi fino al punto di venirsi a trovare nel raggio di caduta dei rami tagliati e che nel caso, indimostrabile, in cui la vittima avesse deliberatamente deciso di non attenersi al rispetto della recinzione, vi sarebbe stato l’obbligo di interrompere la lavorazione in corso ovvero il comportamento”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.