Il reato di trattamento illecito dei dati personali punisce anche la condotta del privato che non opera nella Pubblica Amministrazione.

Segnalo ed allego la sentenza di legittimità 13102/2023 depositata il 29/03/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sul tema giuridico della sussistenza o meno di responsabilità penale a carico del soggetto privato che diffonde dati sensibili della persona offesa dal reato.  

Nel caso di specie, la Corte di appello di Palermo, aveva confermato la responsabilità dell’imputata riqualificando il reato di interferenze illecita nella vita privata (615 bis cod. pen.) ritenuto dal primo giudice in quello di trattamento illecito di dati, previsto e punito dall’art. 167 Dlgs. 196/03.

Contro la sentenza della Corte territoriale proponeva ricorso per cassazione la giudicabile  denunciando, per quanto di interesse la presente nota, vizio di legge della sentenza impugnata per avere il giudice penale ritenuto la prevenuta destinataria di un precetto penale che, in realtà, non annovererebbe tra i destinatari soggetti diversi dalla Pubblica Amministrazione, quale era l’imputata. 

La Corte di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso e sulla questione sopra indicata dedotta con il motivo di doglianza ha statuito quanto segue: 

“Di particolare interesse, in questa sede, alla luce del motivo in esame, è quest’ultima precisazione. 

Questa Suprema Corte ha evidenziato infatti, diversamente da quanto sostenuto in ricorso dalla difesa, che è del tutto infondata la tesi volta ad escludere dal novero dei destinatari della norma punitiva (rappresentata poi dall’art. 167 citato) il privato cittadino che occasionalmente sia venuto in possesso di un dato rilevante appartenente ad altro soggetto, dandogli diffusione indebita.

Ad una semplice lettura della norma punitiva, l’incipit “chiunque” già esclude in radice una interpretazione in senso restrittivo riferita ai destinatari: ma, anche a voler ricollegare l’art. 167 all’art. 4, è evidente che, laddove si parla di persona fisica, ci si intende riferire al soggetto privato in sé considerato, e non solo a quello che svolga un compito, per così dire, istituzionale, di depositario della tenuta dei dati sensibili e delle loro modalità di utilizzazione all’esterno: una interpretazione siffatta finirebbe con l’esonerare in modo irragionevole dall’area penale tutti i soggetti privati, così permettendo quella massiccia diffusione di dati personali che il legislatore, invece, tende ad evitare.

Può quindi affermarsi senza tema di smentita che l’assoggettamento alla norma in tema di divieto di diffusione di dati sensibili riguardi tutti indistintamente i soggetti entrati in possesso di dati, i quali saranno tenuti a rispettare sacralmente la privacy di altri soggetti con i primi entrati in contatto, al fine di assicurare un corretto trattamento di quei dati senza arbitri o pericolose intrusioni”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.