E’ amministratore di fatto e risponde di bancarotta per distrazione il dipendente della cooperativa che in realtà esercita un ruolo gestorio dell’Ente.
Segnalo ed allego la sentenza di legittimità 14558/2023− depositata il 04/04/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quinta penale, che si è pronunciata sul tema giuridico degli indici probatori che il giudice può valorizzare per attribuire all’imputato di reati fallimentari la qualità di amministratore di fatto dell’ente che si deve manifestare come inserimento organico del soggetto con funzioni direttive – in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società.
Nel caso di specie, la Corte di appello di Messina, confermava la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di cui agli artt. 216, comma 1, 219, commi 1 e 2, 223 comma 2, nn. 1) e 2) in relazione all’art. 2634 cod. civ., e 236 legge fall. – per avere, quale amministratore di fatto di una cooperativa per disabili da lui fondata, utilizzato una ingente somma di denaro per acquistare beni destinati al lido balneare, gestito dalla cooperativa, ma utilizzato come discoteca di altra associazione della quale risultava presidente, nonché, per aver prelevato la somma di euro 179.649,41 dal conto corrente bancario della cooperativa, mai restituita, che registrava come credito verso l’associazione sportiva, così concorrendo a cagionare il dissesto della cooperativa fallita con grave danno patrimoniale .
Contro la sentenza della Corte territoriale veniva interposto ricorso per cassazione dall’imputato per mezzo di plurimi motivi di ricorso.
Per quanto di interesse per la presente nota con una articolazione difensiva veniva denunciato vizio di legge e motivazione in riferimento al capo della sentenza impugnata che aveva riconosciuto la qualità di amministratore di fatto dell’imputato.
La Corte di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso statuendo quanto segue in punto di diritto ponendosi in continuità con lo stabile orientamento:
“Quanto al primo motivo di ricorso, che investe l’attribuzione al ricorrente del ruolo di amministratore di fatto della cooperativa, secondo la giurisprudenza di legittimità la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo, cioè non episodico o occasionale, dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione.
Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive – in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare -, che costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Sez. 2, n. 36556 del 24/05/2022, Desiata, Rv. 283850; Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Tarantino, Rv. 256534 – 01; Sez. 5, n. 43388 del 17/10/2005, Carboni, Rv. 232456 – 01).
I destinatari delle norme di cui agli artt. 216 e 223 legge fall. vanno, quindi, individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non già rapportandosi alle mere qualifiche formali, ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (Sez. 5, n. 19145 del 13/04/2006, Binda, Rv. 234428 – 01; Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, Ottobrini, Rv. 268273 – 01; Sez. 5, n. 7437 del 15/10/2020, dep. 2021, Cimoli, Rv. 280550 – 03).
Nella specie, la corte territoriale, con argomentazioni logiche ed esaustive, ha indicato le risultanze istruttorie dalle quali ha desunto il ruolo di amministratore di fatto rivestito all’interno della cooperativa che ha individuato:
– nelle dichiarazioni rese dai testi che riferivano delle decisioni assunte dal [omissis] – il quale dimessosi dall’incarico di presidente, risultava dipendente con mansioni dirigenziali – in merito alla gestione sia dell’attività della cooperativa, sia del personale dipendente che, talora, destinava allo svolgimento di mansioni non inerenti all’oggetto sociale dell’ente;
– nella collocazione formale ai vertici della cooperativa di soggetti a lui legati da vincoli di parentela;
– nei contatti intrattenuti con le istituzioni, quali la Prefettura, in rappresentanza della cooperativa.
Si tratta di circostanze con le quali il ricorrente non si confronta, limitandosi a una sterile critica della sentenza in verifica”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.