Il tentativo del datore di lavoro di baciare una candidata non può essere qualificato come fatto tenue di violenza sessuale.
Segnalo la sentenza di legittimità 12546/2023− depositata il 27/03/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sul tema della qualificazione giuridica della condotta dell’imputato che in occasione di un colloquio di lavoro tenta, ripetutamente, di baciare una candidata.
La difesa dell’imputato, interponendo ricorso per cassazione contro la sentenza resa dalla Corte di Appello di Milano, che aveva confermato la penale responsabilità dell’imputato per il delitto di tentava violenza sessuale, aveva sostenuto che il tentativo di bacio non può che rientrare nell’ipotesi della minore gravità in rapporto al disvalore della condotta concretamente realizzata.
La Corte di legittimità ha disatteso la tesi difensiva dichiarando inammissibile il ricorso statuendo quanto segue, ponendosi in continuità con principi giurisprudenziali già sedimentati:
“ Come costantemente predicato da questa Corte di legittimità, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all’art. 609-bis, ultimo comma, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez. 4, n. 16122 del 12/10/2016 – dep. 30/03/2017, L., Rv. 269600; Sez. 3, n. 6784 del 18/11/2015 – dep. 22/02/2016, D., Rv. 266272; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015 – dep. 25/05/2015, K., Rv. 263821).
Con riguardo, poi, all’ipotesi del tentativo, si è chiarito che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, non si deve tenere conto dell’azione effettivamente compiuta dall’agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà (Sez. 4, n. 18793 del 06/04/2017, dep. 18/04/2017, P., Rv. 270169; Sez. 3, n. 44416 del 09/11/2011, dep. 30/11/2011, C., Rv. 251216), non potendo tuttavia prescindersi, nell’ambito di una valutazione globale del fatto, dalla considerazione delle modalità attuative del reato, degli atti compiuti, del grado di invasività della condotta realizzata nonché del danno psichico direttamente cagionato e non di quello che ipoteticamente sarebbe derivato dal compimento degli atti sessuali (Sez. 3, n. 47700 del 11/04/2018, dep. 19/10/2018, G., Rv.274968).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi dinanzi indicati, individuando, quali elementi ostativi al riconoscimento della “minore gravità”, sia la reiterazione degli atti, sia, in particolare, la situazione di debolezza in cui versava la vittima, la quale era alla ricerca “disperata” di un lavoro, situazione artatamente sfruttata dall’imputato, il che è evidentemente sintomatico di un non trascurabile grado di coercizione sulla persona offesa.
A fronte di tale motivazione, il ricorso appare generico, evidenziando unicamente la circostanza che l’atto si sarebbe concretizzato in un mero tentativo di bacio, con ciò dando rilievo a un solo aspetto del caso concreto, ossia la natura degli atti, omettendo, invece, di misurarsi con la valutazione complessiva della vicenda, come accertata dalla Corte di merito in ossequio all’indicata giurisprudenza di questa Corte di legittimità”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.