Va esclusa la responsabilità penale del datore di lavoro che non ritira la raccomandata contenente il verbale di prescrizione inviato dall’Ispettorato del Lavoro.
Segnalo ed allego la sentenza n.15237/2023− depositata in data 12/04/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale (trasmessa all’Ufficio del Massimario per l’annotazione del relativo principio di diritto) che si è pronunciata sul tema giuridico della responsabilità penale del datore di lavoro che omette di comunicare all’Ispettorato del Lavoro le informazioni richieste, nel caso particolare in manchi la prova della conoscenza effettiva del verbale di prescrizione inviato a mezzo raccomandata non ritirata dal destinatario presso l’ufficio postale, successivamente restituita al mittente con l’attestazione di compiuta giacenza.
Nel caso di specie, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Enna, impugnava la sentenza assolutoria resa dal locale Tribunale che aveva assolto l’imputato chiamato a rispondere del reato previsto e punito dall’art. 4, ultimo comma, della legge n. 628 del 1961, che prevede una sanzione penale in danno del destinatario della richiesta proveniente dall’Ispettorato del Lavoro che non risponda ovvero risponda in modo consapevolmente scorretto.
La Corte di legittimità ha ritenuto destituita di fondamento la tesi sostenuta dal PM ricorrente volta ad equiparare la conoscenza legale dell’atto (compiuta giacenza) a quella effettiva che deriva dal ritiro dell’atto per le ragioni giuridiche che seguono:
“Contrariamente a quanto fa il ricorrente con la seconda parte della doglianza formulata, non può essere richiamata, sul punto, la giurisprudenza di questa Corte elaborata in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali all’INPS e di prescrizione in materia di sicurezza sul lavoro. Più precisamente, è stato affermato – con riferimento a tali fattispecie – il principio per cui è legittima la notifica del verbale di accertamento all’imputato quale datore di lavoro presso la sede della società nelle mani del responsabile della produzione.
Inoltre, non essendo necessarie particolari formalità per la notifica dell’accertamento, la conoscenza della contestazione da parte del contravventore può legittimamente presumersi anche in caso di notificazione dell’atto effettuata in forma legale mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, perfezionatasi per “compiuta giacenza”, qualora la raccomandata non venga consegnata per l’assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla (Sez. 3, n. 30176 del 17/01/2017, Rv. 270426; Sez. 3, n. 52026 del 21/10/2024, Rv. 261287; Sez. 3, n. 20753 del 13/01/2006, Rv. 234511).
Si tratta, a ben vedere, di principi giurisprudenziali elaborati per fattispecie non equiparabili a quella di cui all’art. 4, ultimo comma, della legge n. 628 del 1961, che viene in rilievo nel presente procedimento.
Tale disposizione sanziona penalmente coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato del lavoro di fornire notizie a norma del presente articolo, «non le forniscano o le diano scientemente errate ed incomplete». Il precetto si incentra, dunque, sulla richiesta legale da parte dell’Ispettorato del lavoro, cui il destinatario non risponda o risponda in modo consapevolmente scorretto; e proprio per questo l’effettiva conoscenza della richiesta deve essere ritenuta necessaria, perché fonte diretta dell’obbligo sanzionato penalmente, cosicché non può essere ritenuta sufficiente una notificazione per compiuta giacenza, la quale esclude, per definizione, l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.