Reati tributari: la rideterminazione in sede fiscale dell’imposta dovuta non riduce automaticamente la misura del profitto del reato ai fini della confisca.
Segnalo la sentenza di legittimità n. 16333/2023− depositata il 18/04/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata, in sede cautelare reale, sul tema giuridico del rapporto tra le determinazioni dell’Agenzia delle Entrate che in applicazione degli istituti deflativi del contenzioso tributario riduce le imposte dovute dal contribuente e la quantificazione del profitto del reato in sede penale.
Nel caso di specie, il Tribunale di Roma – sezione per il riesame, giudicando in sede di rinvio da un precedente annullamento ad opera della Corte di legittimità, rigettava l’appello interposto dalla difesa volto ad ottenere la restituzione del presunto profitto del reato per il delitto di frode fiscale oggetto di sequestro preventivo.
Contro l’ordinanza del Collegio cautelare romano veniva interposto dalla difesa dell’indagato ricorso per cassazione con il quale si denunciava vizio di legge connesso alla mancata rideterminazione del profitto del reato in misura conforme a quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate in sede di adesione intervenuta con il contribuente per lo stesso fatto sottoposto ad indagine in ordine al delitto previsto e punito dall’art. 2 d.lgs. n. 74/2000.
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando il principio di diritto che segue, che si pone in continuità con il dominante orientamento giurisprudenziale sedimentato intorno al punto di diritto:
“L’ordinanza impugnata opera, pertanto, un buongoverno della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui, nei reati tributari, il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa è rimesso al giudice penale, al quale spetta di compiere una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata in sede amministrativa o dinanzi al giudice tributario (v.Sez. 3, n. 38684 del 04/06/2014, Agresti, Rv. 260389).
La stessa sentenza rescindente aveva peraltro ricordato che, quanto all’accertamento con adesione, neppure esso spiega effetto sul piano probatorio, posto che, in tema di reati tributari, il giudice non è vincolato, nella determinazione del profitto confiscabile, all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente anche se, per potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tener invece conto dell’iniziale pretesa tributaria dell’Erario, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’originaria quantificazione dell’imposta dovuta. (Sez. 3, n. 29091 del 04/04/2019, Nugo, Rv. 276756; Sez. 3, n. 5640 del 02/12/2011, dep. 2012, Manco, Rv. 251892)”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.