Condannato il titolare di un’azienda agricola che non informa il dipendente annegato del rischio derivante dalla presenza di un invaso pieno di acqua.

Segnalo la sentenza 17617/2023, depositata il 28/04/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quarta penale, che è tornata ad affrontare il tema della responsabilità penale del datore di lavoro che non forma ed informa adeguatamente il lavoratore e non mette in sicurezza l’area aziendale.

La sentenza in commento si pone in continuità con gli stabili principi elaborati dalla Corte di legittimità secondo la quale, in ipotesi di accertata carenza del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, la condotta imprudente o negligente dei lavoratore allegata dalla difesa dell’imputato nel corso del processo, non può spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza individuati dal d.lgs. n.81/2008.

Nel caso di specie il processo penale ha avuto origine da un incidente sul lavoro nel quale perse la vita per annegamento un addetto alla custodia di animali scivolato all’interno di una vasca di raccolta di acqua, della profondità di circa 10 metri, nel tentativo recuperare una pecora.

La  Corte di appello di Bari riformava integralmente quella assolutoria di primo grado condannando, alla pena ritenuta di giustizia, il legale rappresentante dell’azienda agricola (individuato come datore di lavoro della vittima) ritenuto responsabile di violazioni colpose della normativa antinfortunistica, sottolineando come l’imputato avesse omesso di somministrare al dipendente idonee informazioni circa la pericolosità del luogo e di provvedere alla messa in sicurezza dell’area, luogo dell’infortunio mortale.

Contro la sentenza della Corte territoriale ricorreva per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso ed in risposta alla doglianza difensiva con la quale era stata censurata la sentenza di appello per avere erroneamente ritenuto integrato il reato in contestazione, ha fissato il principio di diritto che segue:

“ …. Benché non si sia potuto accertare nei dettagli la dinamica dell’infortunio mortale (caduta accidentale o volontaria discesa nella vasca), la Corte di merito ha correttamente osservato come la causa del decesso del lavoratore sia riconducibile comunque a colpa del ricorrente, il quale non aveva previsto il rischio rappresentato dalla presenza del profondo invaso nell’area dell’azienda e non aveva previamente informato il lavoratore di tale pericolo.

Si legge in motivazione come la mancanza di informazioni circa i pericoli mortali collegati all’invaso sia stata determinante ai fini del verificarsi dell’evento.

I profili inerenti alla mancanza di previsione del rischio ed alla inadeguata formazione del lavoratore assumono carattere di centralità nella motivazione della sentenza impugnata, superando ogni rilevo difensivo in ordine al prospettato volontario comportamento serbato dalla vittima.

Lo sviluppo di tali premesse ha consentito ai giudici di merito di sostenere, in modo logico e coerente, la ricorrenza del necessario nesso di causalità tra la condotta omissiva del garante della normativa antinfortunistica e l’evento lesivo, rapporto che deve ritenersi interrotto, ai sensi dell’art. 41, comma secondo, cod. per., solo nel caso in cui sia dimostrata l’abnormità del comportamento del lavoratore, evenienza da escludersi nel presente caso.

L’assunto dei giudici di merito è corretto e conforme ai principi più volte affermati dalla Corte di legittimità.

E’ orientamento costante, in materia di infortuni sul lavoro, quello in base al quale la condotta colposa del lavoratore infortunato non possa assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l’evento, quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (così ex multis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721).

A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente dei lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Ciò in quanto, tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di questa Corte, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli. (così, ex multis Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015 Rv. 263497; Sez. 4, n. 38877 del 29/09/2005, Rv. 232421 )”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.