Il dolo di evasione del liquidatore di una società che non presenta la dichiarazione dei redditi è dimostrato anche dal successivo mancato pagamento delle imposte.
Segnalo la sentenza 17617/2023, depositata il 27/04/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che è tornata ad affrontare il tema della responsabilità penale del liquidatore di una società chiamato a rispondere del delitto tributario previsto e punito dall’art. 5 d.lgs. n. 74/2000.
Nel caso di specie, i Giudici del doppio grado di merito, avevano, concordemente, affermato la responsabilità penale dell’imputato tratto a giudizio per il reato di omessa dichiarazione per l’anno 2011 con Ires accertata pari ad euro 173.304,00 ed Iva pari a euro 127.435, in concorso con gli amministratori che avevano ricoperto il ruolo gestorio dell’impresa collettiva nei precedenti periodi di imposta oggetto di imputazione.
Contro la sentenza della Corte territoriale ricorreva per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di impugnazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso ed in risposta alla doglianza difensiva con la quale era stata censurata la sentenza di appello per avere erroneamente ritenuto integrata la componente psicologica del reato ha fissato il principio di diritto che segue:
“ …. Tutto ciò altresì ricordando che, in tema di omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte del professionista a ciò incaricato, la prova del dolo specifico in capo al contribuente può desumersi anche dal comportamento successivo del mancato pagamento delle imposte dovute e non dichiarate, dimostrativo della volontà preordinata di non presentare la dichiarazione (Sez. 3, n. 16469 del 28/02/2020, Veruari, Rv. 278966), essendo tale condotta successiva dimostrativa della volontà del ricorrente di non presentare la dichiarazione, in quanto preordinata al mancato versamento successivo delle imposte.
Laddove la dichiarazione tributaria rappresenta infatti un momento essenziale del procedimento di accertamento del tributo, anzi l’obbligo di presentazione della dichiarazione rappresenta il momento di partecipazione del contribuente alla fase di accertamento.
In tal modo, il mancato assolvimento dell’obbligo dichiarativo, non manifestando al Fisco la capacità contributiva e non indicando l’ammontare delle imposte dovute in relazione all’anno di imposta, integra quell’offesa al bene giuridico oggetto di tutela penale, che rende punibile il comportamento omissivo del contribuente-imputato a prescindere ed indipendentemente dalla condotta – successiva – del medesimo, consistente nel mancato pagamento delle imposte dovute ma non dichiarate, il quale può rivestire valenza penale ad altri fini, ma non priva certo di rilevanza penale il mancato assolvimento dell’obbligo dichiarativo.
A fronte dunque del mancato assolvimento dell’obbligo dichiarativo, la condotta successiva è comportamento che ben può essere valorizzato in chiave soggettiva, ricavando dal medesimo la prova del dolo originario di evasione connesso alla mancata presentazione della dichiarazione fiscale, quale condicio sine qua non del mancato adempimento del successivo obbligo di versamento (cfr., in motivazione, Sez. 3 n. 16469 cit.).
Laddove, in ogni caso, correttamente la Corte territoriale aveva altresì osservato la genericità dei rilievi in tema di elemento soggettivo, tenuto conto della pacifica e non breve durata dell’inerte condotta omissiva (l’assunzione della carica di liquidatore è infatti avvenuta esattamente un anno prima dello scadere del termine fiscale) e, in definitiva, non risulta essere stata allegata alcuna concreta ragione tale da diversamente giustificare la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.