Omicidio colposo per il medico dello sport che rilascia il certificato per l’attività agonistica all’atleta affetto da cardiopatia.

Segnalo la sentenza n. 20943/2023, depositata il 17/05/2023, resa dalla Corte di Cassazione – sezione quarta penale, che ha  affrontato il tema della responsabilità penale del medico dello sport colpevole di aver rilasciato al paziente il certificato per la pratica dell’attività agonistica, nonostante dal tracciato dell’elettrocardiogramma risultassero evidenti segnali patologici predittivi del rischio cardiovascolare. 

Nel caso di specie, il ricorrente, secondo la concorde valutazione dei Giudici di merito, era stato giudicato colpevole di omicidio colposo e condannato alla pena ritenuta di giustizia per la morte di un atleta, valutato come idoneo alla disciplina del ciclismo agonistico, poi deceduto durante un allenamento in strada.  

I consulenti del PM esaminati  nel corso del dibattimento avevano affermato che la causa della morte era dovuta ad infarto che non poteva considerarsi come evento avverso non prevedibile, in quanto,  l’elettrocardiogramma eseguito sia in fase di massimo sforzo, sia in fase di recupero, mostrava dei reperti ampiamente significativi di ischemia miocardica infero-laterale che sconsigliavano la pratica agonistica. 

La colpa  del sanitario si palesava, quindi,  per avere rilasciato il certificato a soggetto per il quale era del tutto controindicata la pratica agonistica nell’interesse del quale, dovevano, al contrario, essere prescritti esami di secondo livello, per approntare una adeguata terapia farmacologica.

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale di Bologna interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di censura.

La Corte di legittimità ha ritenuto il ricorso destituito di fondamento, dichiarandolo inammissibile.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla parte motiva della sentenza di interesse che affrontano le questioni di diritto del nesso causale (anche in senso controfattuale) e della colpa professionale:

Quanto alla sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva colposa e il decesso si è chiarito che, a fronte di un tracciato ECG patologico, se il medico non avesse rilasciato il certificato di idoneità alla pratica agonistica del ciclismo e avesse indirizzato il paziente ad una completa valutazione cardiologica, in modo da prevenire future aritmie; l’omesso riconoscimento dell’idoneità alla pratica sportiva agonistica lo avrebbe indotto a non proseguire gli allenamenti intensi in bicicletta, idonei a provocare “una discrepanza ossigenativa su una parte del muscolo scheletrico“.

Si è conseguentemente attribuita la morte del S. , avvenuta per arresto cardiaco improvviso nel corso di attività sportiva, alla scarsa ossigenazione di una parte del tessuto miocardico – circostanza ascrivibile all’ischemia del miocardio non diagnosticata – aggravata dal superamento di una certa soglia di sforzo fisico, che aveva innescato le aritmie ventricolari maligne.

L’impiego esigibile della media diligenza e perizia medica avrebbe dovuto comportare, non già la superficiale diagnosi che aveva dato luogo al rilascio del certificato di idoneità sportiva, bensì l’effettuazione di esami maggiormente approfonditi che avrebbero evitato, con ampio margine di probabilità, la morte del predetto, la quale invece, avveniva improvvisamente durante la rischiosa attività fisica espletata.

In altri termini, i giudici di merito hanno accertato che la morte improvvisa del [omissis] poteva e doveva essere scongiurata mediante un diligente ed oculato comportamento professionale del Dott., [omissis] per cui, quello diverso da lui tenuto, nel caso concreto, si palesava, sotto il duplice profilo della negligenza e dell’imperizia, colposo ed eziologicamente incisivo sul determinismo dell’evento mortale, avendo consentito l’automatica ammissione del soggetto all’attività sportiva, incompatibile con la sua situazione clinica ed essendo, di contro, razionalmente altamente credibile che la sua morte sarebbe stata evitata, se non avesse svolto l’allenamento ciclistico (Sez. 4, n. 38154 del 05/06/2009, R.C., Rv. 245781-2, secondo cui risponde di omicidio colposo il cardiologo, che attesti l’idoneità alla pratica sportiva agonistica di un atleta, in seguito deceduto nel corso di un incontro ufficiale di calcio a causa di una patologia cardiologia – nella specie, “cardiomiopatia ipertrofica” – non diagnosticata dal sanitario per l’omessa effettuazione di esami strumentali di secondo livello che, ancorché non richiesti dai protocolli medici, dovevano ritenersi necessari in presenza di anomalie del tracciato elettrocardiografico desumibili dagli esami di primo livello; Sez. 4, n. 18981 del 09/03/2009, Giusti, Rv. 243993)”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.