La consumazione della bancarotta fraudolenta coincide con la data della sentenza dichiarativa di fallimento anche ai fini della revoca dell’indulto.

Segnalo la sentenza numero 24714/2023 – depositata il 08/06/2023, resa dalla Suprema Corte di Cassazione – sezione prima penale, che ha affrontato il tema giuridico della individuazione del  momento consumativo del delitto di bancarotta fraudolenta ai fini della revoca dell’indulto concesso all’imputato  per una precedente condanna.  

Nel caso di specie, la Corte di appello di Milano aveva revocato l’indulto concesso all’imputato per avere, il medesimo imputato, in epoca successiva al condono ed entro il termine di cinque anni dalla prima condanna, commesso il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (reato non colposo punito con pena superiore ai due anni).

La difesa dell’imputato, con il ricorso per cassazione, aveva impugnato l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione sostenendo la illegittimità della revoca nel presupposto che per individuare la data di commissione della bancarotta occorreva fare riferimento alle condotte distrattive e non alla sentenza dichiarativa del fallimento (ora dichiarazione di insolvenza). 

Il Collegio del diritto, dando continuità al dominante orientamento di legittimità,  ha rigettato l’impugnazione di legittimità, fissando il principio di diritto che segue:

“…..Con riferimento al tema inerente al momento perfezionativo del reato di bancarotta, nonché alla questione circa la rilevanza di tale momento, ai fini dell’applicabilità dell’indulto, giova richiamare il consolidato orientamento formatosi – sul punto specifico – nella giurisprudenza di legittimità. 

La Corte di cassazione ritiene infatti che – onde determinare il tempo di commissione del reato di bancarotta, ai fini dell’applicazione o della revoca dell’indulto – occorra tener presente esclusivamente la data di emissione della sentenza dichiarativa di fallimento. 

La consumazione dei reati di bancarotta, dunque, coincide sempre con l’emissione di tale pronuncia; ciò anche nel caso in cui le condotte ascritte – di natura commissiva o omissiva – si siano consumate in epoca antecedente, rispetto all’intervento della sentenza stessa. 

Alla sentenza dichiarativa di fallimento, infatti, deve riconoscersi la natura di elemento costitutivo del reato (Sez. 5, n. 40477 del 18/05/2018, Alampi, Rv. 273800 – 01)”. 

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.