Nella bancarotta fraudolenta patrimoniale l’onere della prova circa la destinazione dei beni distratti grava interamente sull’imputato.

Segnalo la sentenza numero 26240/2023 – depositata il 17/06/2023, resa dalla Suprema Corte di Cassazione – sezione quinta penale, che ha affrontato il tema della ripartizione dell’onere della prova tra accusa e difesa circa la destinazione di beni  – già facenti parte del patrimonio dell’impresa fallita – non rinvenuti dalla procedura concorsuale, secondo l’ipotesi accusatoria oggetto di distrazione. 

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso nella qualità di amministratore unico di una  società  di capitali per aver posto in essere ingiustificati prelievi di denaro contante dalla cassa societaria e per aver effettuato restituzioni di finanziamenti a favore proprio e della moglie, entrambi soci della fallita.

La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Torino, denunciando vizio di legge della sentenza impugnata nella parte in cui aveva invertito l’onere della prova della condotta distrattiva ritenendo provato il reato fallimentare in ragione della mancata giustificazione della destinazione del denaro prelevato da parte del giudicabile nel corso del processo.  

 Il Collegio del diritto, dando continuità al dominante orientamento di legittimità, ha rigettato il ricorso fissando il principio di diritto che segue:

“….. …….Il secondo motivo di ricorso è infondato ove prospetta un’indebita inversione dell’onere della prova di fronte alla richiesta, indirizzata all’amministratore, di dare ragione del mancato rinvenimento di beni sociali, pena la presunzione relativa di distrazione degli stessi. 

In merito va innanzi tutto ricordato il consolidato orientamento di questa Corte per cui la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni a seguito del loro mancato rinvenimento (ex multis Sez. 5, n. 7048 del 27/11/2008, dep. 2009, Bianchini, Rv. 243295; Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, dep. 2016, Aucello, Rv. 267710; Sez. 5, Sentenza n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204; Sez. 5, Sentenza n. 2732 del 16/12/2021, dep. 2022, Ciraolo, Rv. 282652). 

La costante elaborazione giurisprudenziale seguita in proposito dal giudice di legittimità si ancora alla peculiare normativa concorsuale. 

Innanzitutto l’imprenditore è posto dal nostro ordinamento in una posizione di garanzia nei confronti dei creditori, i quali ripongono la garanzia dell’adempimento delle obbligazioni dell’impresa sul patrimonio di quest’ultima. 

Donde la diretta responsabilità del gestore di questa ricchezza per la sua conservazione in ragione dell’integrità della garanzia. La perdita ingiustificata del patrimonio o l’elisione della sua consistenza danneggia le aspettative della massa creditoria ed integra l’evento giuridico sotteso dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta. 

In secondo luogo, la legge fall., art. 87, comma 3 (anche prima della sua riforma) assegna al fallito obbligo di verità circa la destinazione dei beni di impresa al momento dell’interpello formulato dal curatore al riguardo, con espresso richiamo alla sanzione penale. 

Immediata è la conclusione che le condotte descritte all’art. 216. comma 1, n. 1 (tra loro sostanzialmente equipollenti) hanno (anche) diretto riferimento alla condotta infedele o sleale del fallito nel contesto dell’interpello. Osservazioni che giustificano la (apparente) inversione dell’onere della prova ascritta al fallito nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura e di assenza di giustificazione al proposito (o di giustificazione resa in termini di spese, perdite ed oneri attinenti o compatibili con le fisiologiche regole di gestione). Trattasi, invero, di sollecitazione al diretto interessato della dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, risposta che (presumibilmente) soltanto egli, che è (oltre che il responsabile) l’artefice della gestione, può rendere.”

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.