L’accesso alle foto conservate nel cloud senza autorizzazione dell’avente diritto costituisce sempre reato, anche se l’imputato era in possesso delle password.

Segnalo la sentenza numero 27905/2023 – depositata il 27/06/2023, resa dalla Suprema Corte di Cassazione – sezione quinta penale, che ha affrontato il tema giuridico della sussistenza o meno del reato di accesso abusivo al sistema informatico quando un soggetto in possesso delle password necessarie ad entrare nel sistema senza il consenso dell’avente diritto.

Nel caso di specie, secondo la concorde valutazione dei giudici del doppio grado di merito, l’imputato si era reso responsabile del reato previsto e punito dall’art.615 ter, c.p. per essersi indebitamente introdotto nello spazio dell’applicativo in uso alla persona offesa a con cui in passato aveva avuto una relazione sentimentale, allo scopo di impossessarsi di alcune fotografie, ritraenti quest’ultima con il suo nuovo compagno.

Le foto erano conservate nel cloud al quale l’imputato era riuscito ad accedere, essendo a conoscenza delle relative credenziali di accesso, senza, tuttavia, che la persona offesa lo avesse mai autorizzato ad accedervi e a prelevare le menzionate fotografie, come indicato in querela in querela e dichiarato nella competente sede processuale 

Contro la sentenza della Corte territoriale di Torino la difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione contestando la ritenuta consumazione del reato informatico in quanto l’imputato era venuto a conoscenza delle password in modo legittimo.  

Il Collegio del diritto ha dichiarato inammissibile il ricorso e sul punto di diritto oggetto della presente nota ha statuito quanto segue: 

“…..La circostanza, sottolineata dalla corte territoriale, che le chiavi di accesso al sistema informatico protetto siano state comunicate dalla persona offesa a [omissis] in costanza di relazione, dunque in un momento antecedente all’accesso abusivo, appare irrilevante, posto che, come chiarito dalla [omissis – persona offesa]  quest’ultima non aveva comunque mai dato il proprio consenso all’accesso e men che mai alla duplicazione delle fotografie conservate nel sistema, sicché ogni accesso al menzionato spazio operato dal prevenuto e ogni mantenimento nel sistema allo scopo di impossessarsi delle foto in questione non può che considerarsi illecito, perché non consentito da alcuna autorizzazione, nemmeno implicita del titolare del sistema, come ben evidenziato dal giudice di appello”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.