Le operazioni dolose richieste per la bancarotta punita dall’art. 223, comma 2, n.2 L.F. non necessariamente devono integrare fattispecie di reato.
Segnalo la sentenza numero 31702/2023 – depositata il 20/07/2023, resa dalla Corte di Cassazione -sezione quinta penale, che si è pronunciata sul tema giuridico della condotta materiale che deve esere accertata giudizialmente per ritenere integrato il delitto di bancarotta per effetto di operazioni dolose, sempre più spesso contestata nell’ipotesi in cui l’imputato nell’esercizio della carica gestoria si sia reso responsabilità di condotte realizzate in danno dell’Amministrazione finanziaria dello Stato e degli Enti previdenziali.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto responsabile l’imputato, rinviato a giudizio quale amministratore di fatto della società fallita, anche del reato previsto e punito dall’art.223, comma 2. n.2 L.F., per avere posto in essere condotte dolose consistite nella reiterata omissione, negli anni dal 2010 al 2013, del versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni dei dipendenti e dell’imposta sul valore aggiunto riscossa.
La difesa interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Milano denunciando, per quanto di interesse per la presente nota, vizio di legge e motivazione anche in riferimento al capo di sentenza che aveva ritenuto l’imputato responsabile del superiore delitto, nonostante fosse stato assolto dai reati tributari scaturenti dalla condotta inadempiente tenuta nei confronti dell’Erario.
Il Collegio del diritto ha accolto rigetto il motivo di ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla motivazione di interesse per la corrente nota:
“Come si desume dall’analisi della sentenza di primo grado, l’assoluzione dal reato di cui al capo 5) è derivata dal mancato superamento della soglia di punibilità introdotta dall’art. 8 d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, mentre quella dal reato di cui al capo 4) dalla mancanza di un requisito della fattispecie, ossia la certificazione rilasciata ai sostituiti.
Cionondimeno, la sentenza ha precisato che è stata raggiunta la piena prova delle omissioni tributarie e contributive nella loro materialità.
Ora, le “operazioni dolose” di cui all’art. 223, comma secondo, n. 2, I. fall. non richiedono affatto la qualificazione delle condotte in termini di illeciti penali, ma soltanto l’accertamento di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero di atti intrinsecamente pericolosi per la “salute” economico-finanziaria della impresa e postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato (v., ad es. Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Prandini, Rv. 261684 – 01)”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA