Si salva dalla condanna per dichiarazione fraudolenta il componente del CDA che non ha sottoscritto o presentato la dichiarazione fiscale.

Segnalo la sentenza numero 31017/2023 – depositata il 18/07/2023 (udienza pubblica del  16/05/2023), resa dalla Corte di Cassazione -sezione terza penale, che si è pronunciata sul tema giuridico della responsabilità penale del membro del CDA di una società per reati tributari commessi nell’interesse dell’Ente, quando l’imputato non ha né sottoscritto, né presentato la dichiarazione fiscale, che costituisce il momento consumativo dell’illecito.  

Nel caso di specie, secondo quanto accertato e ritenuto concordemente dai giudici del doppio grado di merito, i ricorrenti, rinviati a giudizio nella loro qualità di soci amministratori ed amministratori di una società di capitali, si erano resi responsabili del delitto previsto e punito dall’art.2 d.lgs. n.74/2000, in quanto, al  fine di evadere le imposte sui redditi ed Iva, avrebbero indicato elementi passivi fittizi per un importo complessivo di 318.483,22 euro nella dichiarazione Mod. Unico presentata nel 2016, con riferimento all’anno 2015, utilizzando ventiquattro fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti emesse da altra società 

Contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Palermo le difese degli imputati interponevano ricorso per cassazione lamentando la carenza di prova in ordine alla responsabilità penale dei giudicabili.  

Il Collegio del diritto ha accolto il ricorso annullando con rinvio la sentenza impugnata per nuovo giudizio non avendo ravvisato indici dai quali poter desumere una concreta e consapevole conoscenza da parte degli imputati in ordine alla natura mendace della dichiarazione fiscale. 

Di seguito di riportano i passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza impugnata che fissano il principio di diritto di interesse per la presente nota:  

…….La questione posta attiene alla individuazione dei criteri di imputazione della responsabilità per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti agli amministratori di una società i quali non abbiano sottoscritto o presentato la dichiarazione.

Secondo l’unico precedente specifico massimato, in tema di reati tributari, nel caso di delitto deliberato e direttamente realizzato da singoli componenti del consiglio di amministrazione di una società di capitali nel cui ambito non sia stata conferita alcuna specifica delega, ciascuno degli altri amministratori risponde a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento, ove sia ravvisabile una violazione dolosa dello specifico obbligo di vigilanza e di controllo sull’andamento della gestione societaria derivante dalla posizione di garanzia di cui all’art. 2392 cod. civ. (così Sez. 3, n. 30689 del 04/05/2021, Cerbone, Rv. 282714-01, proprio in tema di delitto di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti).

Questo precedente si pone in linea con l’orientamento consolidato in materia di bancarotta fraudolenta. 

Invero, costituisce affermazione costante nella giurisprudenza di legittimità quella secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il concorso per omesso impedimento dell’evento dell’amministratore privo di delega è configurabile quando, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle condotte illecite tenute dai consiglieri operativi in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell’effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili dai quali desumere, secondo i criteri propri del dolo eventuale, l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito e, dall’altro, della volontà, nella forma del dolo indiretto, di non attivarsi per scongiurare detto evento (così, tra le tantissime, Sez. 5, n. 33582 del 13/06/2022, Benassi, Rv.284175-01, e Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, E., Rv. 273925-04).

Il principio indicato si collega, fondamentalmente, alla disciplina fissata dall’art. 2392 cod. civ.

Secondo questa disposizione, per quanto di specifico interesse ai fini della soluzione della questione in esame, gli amministratori di una società non rispondono delle violazione dei doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto in relazione a fatti commessi da “colleghi” nell’esercizio «di attribuzioni del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori» (primo comma), salvo essere «solidalmente responsabili se, essendo  a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose» (secondo comma).

Sulla base di questo dato normativo, quindi, gli amministratori senza delega rispondono per i fatti pregiudizievoli per la società commessi in violazione di legge o di statuto da uno di loro nell’esercizio di funzioni al medesimo attribuite «in concreto», solo se ne erano a conoscenza e non hanno fatto il possibile per impedirne il compimento.

E in questi termini deve intendersi anche il limite massimo di estensione della responsabilità penale per fatti materialmente commessi dagli altri amministratori.

Di conseguenza, sembra ragionevole ritenere che gli amministratori di una società i quali non abbiano sottoscritto una dichiarazione fiscale fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, perché a ciò abbia provveduto un altro di essi nell’esercizio di funzioni a lui attribuite anche «in concreto», rispondono in concorso del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 solo se abbiano avuto conoscenza dell’inserimento di tali documenti mendaci in contabilità e, ciononostante, non si siano attivati per impedirne l’indicazione nella dichiarazione o per impedire la presentazione di questa”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA