Bonus e reati tributari: è legittimo il duplice sequestro preventivo se il profitto derivante da indebita compensazione viene successivamente reimpiegato dall’indagato.
Segnalo la sentenza numero 29046/23 – depositata in data 05/07/2023, resa dalla Corte di Cassazione – sezione seconda penale, che ha affrontato il tema giuridico dei limiti del cosiddetto “giudicato cautelare” e della legittimità del duplice sequestro preventivo emesso nel corso della stessa indagine penale ma in tempi successivi a seguito di nuove acquisizioni probatorie.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che il ricorrente risultava originariamente indagato per i reati di cui all’art. 416 cod. pen., art.10 quater d.lgs. 74/2000 nell’ambito di un procedimento per il quale venivano emessi provvedimenti di applicazione di misure cautelari personali e reali, con riferimento ad una struttura organizzata volta alla creazione di crediti di imposta sulla base di dichiarazioni di costi fittizi asseritamente sostenuti, utilizzando la piattaforma web messa a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per poter presentare le dichiarazioni dei costi sostenuti per locazioni (cd. bonus locazioni) o per ristrutturazione edilizia (cd. bonus facciate e sisma bonus). Generati i crediti di imposta corrispondenti al valore dei costi così inseriti, tali crediti venivano immediatamente utilizzati in diversi modi: con la cessione per intero, oppure in compensazione fiscale, oppure frazionandoli e cedendoli a terzi in importi inferiori.
Il prevenuto, all’esito di ulteriore indagini svolte dalla G.D.F, veniva raggiunto da provvedimento cautelare reale per il reimpiego di somme proveniente dai delitti tributari (art. 648 ter cod.pen.) in precedenza consumati emesso nei suoi confronti successivamente ad un primo decreto reso nei confronti dei correi per l’indebita compensazione.
La difesa dell’indagato interponeva ricorso per cassazione denunciando vizio di legge per violazione del giudicato cautelare formatosi con il primo decreto e per la illegittima duplicazione del vincolo ablatorio:
La Suprema corte ha rigettato il ricorso e statuito i principi di diritto contenuti nella parte motiva della sentenza annotata di seguito trascritta per quanto qui di interesse:
“….Premesso che il decreto in data 13/1/2022 con il quale il giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo del profitto del reato di cui all’art. 648 ter cod. pen. si fondava esplicitamente sul rilievo che “..la confisca per equivalente di un medesimo importo, prima come profitto di un reato presupposto, poi come provento del reato di reimpiego, rappresenterebbe una duplicazione sanzionatoria”, va rilevato che i primi due di motivi di ricorso appaiono discostarsi dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità in ordine alle preclusioni conseguenti a precedenti pronunce del Tribunale del riesame.
La reiterazione di una richiesta di applicazione di misura cautelare, che contenga allegazioni e deduzioni diverse dalla precedente rigettata, infatti, non incontra la preclusione del cosiddetto giudicato cautelare (Sez. 6, n. 23025 del 20/03/2014, Rv. 262042), in quanto la preclusione derivante da una precedente pronuncia del Tribunale del riesame concerne solo le questioni esplicitamente o implicitamente trattate e non anche quelle deducibili e non dedotte; pertanto, detta preclusione opera allo stato degli atti, ed è preordinata ad evitare ulteriori interventi giudiziari in assenza di una modifica della situazione di riferimento, con la conseguenza che essa può essere superata laddove intervengano elementi nuovi che alterino il quadro precedentemente definito (Sez. 2, n. 49188 del 09/09/2015, 14/12/2015, Rv. 265555; Sez. 5, n. 1241 del 02/10/2014, Rv. 261724; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Rv. 245092).
Incontestata, pertanto, la sussistenza del “fumus” del reato di cui all’art. 648 ter cod. pen., il provvedimento impugnato indica, quali elementi nuovi rispetto al precedente provvedimento del GIP, le intercettazioni nel frattempo acquisite, gli interrogatori degli indagati e nuove indagini compendiate da due note della Guardia di Finanza che meglio individuerebbero il margine dell’ulteriore (così espressamente definito dal Tribunale del riesame) profitto, derivante non già dai reati presupposti, bensì dalle condotte di reimpiego dei crediti fittizi generati dalle procedure “sismabonus, bonus locazioni e bonus facciate”, così da evitare la duplicazione del vincolo.
Il Tribunale del riesame, infatti, ha ben distinto il profitto del reato presupposto già sottoposto a vincolo nei riguardi di “altri” soggetti (atteso che la stessa formulazione dell’art. 648 ter cod. pen. prevede l’assenza di concorso tra l’autore del reimpiego e l’autore del reato presupposto) ed il profitto generato “a cascata” dal reimpiego stesso, tanto da detrarre dal calcolo effettuato dal GIP la somma di euro 379.488,03 perché ritenuta profitto del delitto fiscale utilizzato per compensare con l’Agenzia delle Entrate propri debiti preesistenti e, pertanto, già oggetto di sequestro preventivo a titolo di profitto del delitto fiscale e quindi già sottoposta ad esecuzione.
Nessuna violazione di legge, nemmeno per mera apparenza di motivazione, può ravvisarsi, pertanto, nel provvedimento che distingue il valore nominale dei crediti fittizi dal profitto del delitto di reimpiego di cui all’art. 648 ter cod. pen., calcolato prudenzialmente al 40% del precedente, proprio per evitare duplicazioni del sequestro”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.