Corresponsabili di omicidio colposo i genitori del minore che persistono nella somministrazione della terapia omeopatica nonostante la grave infezione in corso.
Segnalo la recente sentenza numero 35895/2023 – depositata il 29/08/2023, resa dalla sezione quarta penale, che ha affrontato il tema giuridico della posizione di garanzia che assumono i genitori rispetto alla tutela dell’integrità psico-fisica dei figli di minore età.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente ritenuto responsabili di cooperazione di omicidio colposo i genitori del bambino (ed il medico omeopata giudicato separatamente) che a fronte di una conclamata otite in fase acuta con colpa consistita in negligenza e imprudenza, omettevano di consultare la pediatra del bambino, ovvero di rivolgersi ad un medico specialista in otorinolaringoiatria o a una struttura ospedaliera, somministrando al minore solo i medicinali omeopatici indicati dal sanitario di loro fiducia, non scongiurando così l’exitus infausto.
Contro la sentenza della Corte territoriale gli imputati ricorrevano per cassazione articolando plurimi motivi di censura.
Il Collegio del diritto ha rigettato i ricorsi.
Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento che tracciano il perimetro della responsabilità penale che può derivare dalla violazione dei doveri connessi alla posizione di garanzia dei genitori:
“Per come chiarito da questa Suprema Corte, il genitore esercente la potestà sui figli minori e, come tale, investito a norma dell’art. 147 cod. civ., di una posizione di garanzia in ordine alla tutela dell’integrità psico-fisica dei medesimi, risponde, a titolo di causalità omissiva di cui all’art. 40. cod. pen., allorquando sussistano le seguenti condizioni: a) conoscenza o conoscibilità dell’evento; b) conoscenza o riconoscibilità dell’azione doverosa incombente sul “garante”; c) possibilità oggettiva di impedire l’evento (così, Sez. 3, n. 19603 del 28/02/ C.R., Rv. 270141-01, con principio affermato in un’ipotesi di violenza sessuale).
Ai genitori spetta, quindi, la c.d. posizione di protezione, la quale impone al garante di preservare determinati beni giuridici da tutti i pericoli che possano minacciarne l’integrità, indipendentemente dall’individuazione della relativa fonte – come pure ritenuto da parte degli stessi imputati in ricorso –
Orbene, l’esame della impugnata sentenza consente di constatare come sia stata adeguatamente dimostrata, giusta applicazione dei principi in tema di causalità omissiva e di posizione di garanzia, la sussistenza dei suddetti presupposti, indicati dalla giurisprudenza di legittimità per configurare in capo ai ricorrenti la responsabilità concorsuale omissiva, derivante dalla loro posizione di garanzia genitoriale rispetto alla vittima, congruamente argomentandola sulla base degli elementi probatori emersi in giudizio.
Ed infatti, con riguardo al profilo della conoscenza o conoscibilità dell’evento, appare adeguata la motivazione con cui i giudici di merito hanno ritenuto che già in data 18 maggio vi fosse la ricorrenza di sintomi della malattia di una gravità tale (febbre molto alta, mal di testa, dolore all’orecchio sinistro con fuoriuscita di liquido, irritabilità) da consentire ai genitori di accorgersi dei rischi strutturalmente correlati ad essa. La stessa d’altro canto, aveva riferito di essersi fortemente preoccupata per le condizioni del figlio, non avendo sortito effetto alcuno le disposte cure omeopatiche, tanto aver deciso di portare in quello stesso giorno, presso lo studio del e di non essersi completamente tranquillizzata nonostante le rassicurazioni fattele dal medico.
Né può assumere rilievo la circostanza, addotta dalla difesa, per cui solo post mortem si sarebbe appreso della formazione del batterio nel condotto uditivo, atteso che la conoscibilità della malattia era ben evincibile dai gravi sintomi manifestati dal bambino. Congruamente, ancora, è stata valorizzata dalla Corte territoriale la circostanza per cui già in passato il minore aveva sofferto di otiti, risolte facendo ricorso agli antibiotici su prescrizione della pediatra, per evidenziare come vi fosse consapevolezza da parte dei genitori della gravità dei sintomi manifestati da e di come fosse possibile farlo guarire dall’otite utilizzando gli stessi farmaci assunti in passato.
Le stesse considerazioni valgono, invero, anche con riguardo alla configurabilità del requisito della conoscenza o conoscibilità dell’azione doverosa incombente sui garanti.
In proposito, infatti, la Corte territoriale ha adeguatamente osservato come negli imputati vi fosse la piena conoscenza della specifica condotta cui gli stessi erano tenuti, per avere costoro già precedentemente avuto esperienza con altri episodi otitici, risoltisi con la somministrazione da parte della pediatra di una terapia antibiotica, della cui necessità erano, dunque, ben consapevoli.
In termini del tutto opposti, invece, i ricorrenti hanno scientemente ritenuto di non rivolgersi a tale pediatra, né ad altro sanitario, proprio al fine di impedire che venissero somministrati al figlio degli antibiotici.
Ciò risulterebbe, vieppiù, comprovato dal fatto che, per come evidenziato dalla Corte di appello, perfino la sera del 23 maggio la [omissis] si era rivolta ai sanitari del 118 intervenuti, che avevano accertato lo stato comatoso del bambino, raccomandandosi di non somministrare al figlio tachipirina o antibiotici.
Quanto, infine, alla possibilità oggettiva di impedire l’evento, i giudici di merito hanno adeguatamente assunto quale parametro di riferimento il genitore dotato di comune esperienza, e non di professionalità in ambito medico sanitario, effettuando, in virtù di esso, il giudizio di rappresentabilità ed evitabilità dell’evento, logicamente giungendo alla conclusione per cui l’agente modello avrebbe verosimilmente chiesto un consulto a più medici per fronteggiare una situazione che, con la sola cura omeopatica, non stava dando alcun segno di miglioramento.
Alla luce di tali parametri, allora, il Collegio ritiene di poter conclusivamente ritenere che la Corte di merito ha congruamente ritenuto, con motivazione logica ed esente dai contestati vizi, che vi fosse l’esigibilità da parte dei prevenuti del comportamento doveroso omesso, avendo accertato che gli imputati non solo potevano rendersi conto dell’evento, ma che, al contempo, erano del tutto in grado di realizzare l’azione idonea ad impedirne la verificazione”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA