Al giudice penale è precluso il sindacato sulla legittimità della sentenza dichiarativa di fallimento

Segnalo la sentenza numero 36936/2023 – depositata il 07/09/2023, resa dalla Corte di Cassazione -sezione quinta penale, che si è pronunciata sul tema giuridico della possibilità da parte del Giudice penale di rivalutare la sussistenza dei presupposti di legge posti a fondamento della sentenza dichiarativa di fallimento.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto l’imputato responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale per avere, nella qualità di titolare della ditta individuale, sottratto e distrutto le scritture contabili obbligatorie relative agli anni 2010, 2011 e 2012, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e di arrecare pregiudizio ai creditori.

Il Collegio del diritto, nel dichiarare inammissibile l’interposto ricorso per cassazione, facendo applicazione del principio di diritto già fissato dalla dominante giurisprudenza di legittimità, cui viene data ulteriore continuità, ha ritenuto destituita di fondamento la tesi difensiva e statuito che segue:

Al riguardo, va ribadito che «il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e seguenti R.D. 16 marzo 1942, n.267, non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato d’insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, anche nel caso in cui l’imputato di un reato fallimentare non sia legittimato ad opporsi alla sentenza dichiarativa del fallimento, poiché, diversamente, si determinerebbe una impropria forma di impugnazione di una sentenza civile in sede penale» (Sez. 5, Sentenza n. 21920 del 15/03/2018, Sebastianutti, Rv. 273188; Sez. U, Sentenza n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv. 239398)

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA