I bonifici ricevuti da un proprio conto corrente estero non dichiarato non costituiscono di per sé prova di evasione fiscale.

Segnalo la sentenza numero 35427/2023 – depositata il 23/08/2023 (udienza pubblica 07/07/2023), resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sulla rilevanza che assume in sede penale l’esistenza di conti correnti esteri intestati all’imputato e non indicati nel quadro RW della dichiarazione fiscale, dai quali lo stesso avevo eseguito plurimi bonifici in favore di sé stesso.

Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto l’imputato responsabile del delitto di omessa dichiarazione  e ciò sulla base della presunzione  di cui all’art. 12, comma 2, d.l. 10 luglio 2009, n. 78, convertito dalla I. 3 agosto 2009, n. 102, in forza della quale, ed in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.

Sostanzialmente, in sede penale processuale, era stata considerata raggiunta la prova della penale responsabilità del giudicabile sulla base delle presunzione valevoli in sede amministrativo – tributaria, considerando l’importo dei bonifici che il giudicabile aveva disposto dalla Svizzera sul proprio conto corrente in Italia come redditi non dichiarati e come tali integranti il delitto previsto e punito dall’art.5 d.lgs. n.74/2000.

Contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Milano interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, contestando la legittimità della decisione perché fondata su dati derivanti da presunzioni tributarie non accertati secondo le regole dettate dal codice di rito penale.

La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha ritenuto fondato il ricorso dichiarando, tuttavia, l’intervenuta prescrizione del reato maturatasi nelle more del processo.

Di seguito vengono riportati i passaggi della motivazione di interesse per il presente commento:

“…Con riguardo all’operatività della stessa presunzione, tuttavia, la motivazione della sentenza appare viziata, così da non consentire neppure di accedere all’ulteriore profilo dei riscontri alla presunzione medesima.

Se per un verso, infatti, si afferma che le somme pervenute sul conto corrente italiano costituirebbero “attività di natura finanziaria detenute” dal ricorrente in Svizzera, così da intervenire l’art. 12 in oggetto, così per altro verso già il primo Giudice – confermato in appello – aveva rilevato che, in realtà, nessun elemento confermava l’origine stessa delle somme in questione, rimasta non accertata.

Anzi, la sentenza qui impugnata ha escluso, perché non provato, che gli importi movimentati e non dichiarati fossero riferibili a provviste che proprio lo [omissis] aveva già nel 2008, così risultandone ancora più incerta l’effettiva provenienza e, dunque, l’effettiva operatività della citata presunzione, a prescindere dai doverosi elementi di riscontro”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.