La vendita fittizia di quote sociali intestate al socio dell’ente fallito non integra il reato bancarotta fraudolenta per distrazione.

Segnalo la sentenza numero 42856.2023 – depositata il 19.10.2023, resa dalla sezione quinta penale della Corte di Cassazione, che ha ritenuto destituita di fondamento la tesi avanzata dal Procuratore Generale volta ad ottenere la condanna dell’imputato (assolto in secondo grado) per la cessione simulata delle quote sociali appartenenti al  socio dell’impresa collettiva fallita.

La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso interposto dal PG contro la sentenza assolutoria di appello, ha ritenuto di dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale fissando  il principio di diritto che segue:

“La corte territoriale, invero, ha fatto puntuale applicazione di principi da tempo affermati nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta è necessario che la distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili riferibili alla società fallita, con la conseguenza che non possono costituire oggetto di distrazione le quote sociali appartenenti ai singoli soci, a prescindere dalla natura fittizia o meno della loro cessione (cfr. Sez. 5, n. 12949 del 05/03/2020, Rv. 279072, nonché, nello stesso senso, Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Rv. 260689; Sez. 5, n, 9813 del 08/03/2006, Rv. 234242).

By Claudio Ramelli© riproduzione riservata.