La produzione in giudizio da parte del PM dei modelli 770 presentati dal contribuente non basta a provare il reato di omesso versamento delle ritenute certificate.
Segnalo la sentenza numero 44005/2023 – depositata il 02/11/2023, resa dalla Corte di cassazione -sezione terza penale, che si è pronunciata sulla questione giuridica dell’onere della prova posto a carico dell’Ufficio del PM che contesta e vuole dimostrare in giudizio la consumazione del reato fiscale di omesso versamento delle ritenute certificate da parte dell’imputato.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto l’imputato responsabile del delitto tributario previsto e punito dall’art. 10 bis d.lgs. n.74/2000 sulla base della produzione in giudizio dei modelli 770 (dichiarazione presentata dal sostituto di imposta).
Con il ricorso per cassazione la difesa del giudicabile lamentava vizio di legge contestando che a seguito dell’intervento della Consulta, la prova della penale responsabilità del giudicabile poteva essere raggiunta soltanto con l’acquisizione agli atti del processo delle certificazioni rilasciate ai dipendenti dal datore di lavoro che opera quale sostituto di imposta.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso ed annullato con rinvio la sentenza impugnata, dando ulteriore continuità al principio di diritto che segue:
“L’interpretazione del reato ex art. 10-bis d.lgs. n.74 del 2000, riportata nella sentenza impugnata, si fonda sulla giurisprudenza sorta dopo le modifiche apportate a tale norma dall’art. 7 d.lgs. n.158 del 2015, che avevano fatto propendere per la tesi per cui per la prova della sussistenza del reato fosse sufficiente che il debito erariale risultasse dalla sola dichiarazione di sostituto di imposta e non anche dai certificati rilasciati.
Tale modifica normativa, però, è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 175 del 2022 della Corte costituzionale.
La giurisprudenza ha affermato (Sez. 3, rii. 2338 del 27/09/2022, dep. 2023, D’Arrigo, Rv. 284035 – 01), in tema di reati tributari, che a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 2022, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità, per contrasto con l’art. 76 Cost., dell’art. 7, comma 1, lett. B), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, nella parte in cui ha inserito le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nel testo dell’art. 10-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e di tale norma incriminatrice limitatamente alle menzionate parole, nonché dell’art. 7, comma 1, lett. A), d.lgs. citato, nella parte in cui ha inserito le parole «dovute o» nella rubrica dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e di tale norma incriminatrice limitatamente alle parole in oggetto contenute in rubrica, il giudice, per verificare la configurabilità del delitto di omesso versamento di ritenute certificate, deve tener conto, nel determinarne l’ammontare, delle sole certificazioni rilasciate ai dipendenti dal soggetto obbligato, attestanti l’entità delle ritenute operate per ciascuno di essi.
In motivazione, la sentenza D’Arrigo ha, altresì, precisato che, ai fini del riscontro del superamento della soglia di punibilità, è legittimo un meccanismo di accertamento di tale ammontare basato anche solo su un campionamento statistico attestante, secondo un criterio di prudenziale normalità, il rilascio di tali certificazioni e la coerente proporzionalità tra le somme versate a titolo di emolumenti e quelle trattenute a titolo di ritenute di acconto”.
Per ulteriori approfondimenti sullo stesso tema si segnalano i seguenti contributi: https://studiolegaleramelli.it/2023/03/27/per-condannare-limputato-del-reato-di-omesso-versamento-delle-ritenute-certificate-e-necessaria-la-prova-della-loro-consegna-ai-lavoratori-da-parte-del-datore-di-lavoro-che-ha-operato-quale-sostituto/ ;
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA