La Cassazione precisa le condizioni che devono ricorrere affinché la videosorveglianza non autorizzata costituisca illecito penale.
Segnalo la sentenza numero 46188/2023 – depositata il 16/11/2023, resa dalla Corte di cassazione -sezione terza penale, che si è pronunciata sul tema giuridico del perimetro punitivo della videosorveglianza dei luoghi di lavoro realizzata dal datore di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate o di autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro.
Nel caso di specie il Tribunale di Messina aveva ritenuto l’imputato, rinviato a giudizio in qualità di titolare di un bar, responsabile del reato a lui ascritto per avere installato un impianto di videosorveglianza senza la preventiva autorizzazione richiesta dalla legge.
Il Collegio del diritto ha accolto il ricorso per cassazione interposto dalla difesa dell’imputato annullando con rinvio la sentenza di primo grado per nuovo giudizio.
Di seguito di riportano i passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza impugnata che tratteggia gli elementi costitutivi della fattispecie:
“Innanzitutto, va osservato che la presenza di lavoratori nel luogo ripreso dagli impianti di videosorveglianza è requisito imprescindibile per la configurabilità del reato in contestazione.
Invero, detto reato, sulla base di quanto previsto dall’art. 15 d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, che costituisce la disposizione incriminatrice, è integrato dalla violazione dell’art. 4, comma 1, legge 20 maggio 1970, n. 300, previsione a sua volta diretta a regolamentare l’uso, da parte del datore di lavoro, degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti «dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori».
Va poi rilevato che, secondo un principio enunciato in giurisprudenza, non è configurabile la violazione della disciplina di cui agli artt. 4 e 38 legge n. 300 del 1970 – tuttora penalmente sanzionata in forza dell’art. 171 d.lgs. n. 196 del 2003, come modificato dalla legge n. 101 del 2018 – quando l’impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate o di autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti o resti necessariamente “riservato” per consentire l’accertamento di gravi condotte illecite degli stessi (così Sez. 3, n. 3255 del 14/12/ 2020, dep. 2021, Wang Yong Kang, Rv. 280542-01).
La sentenza impugnata si presenta lacunosa sotto entrambi i profili. La decisione del Tribunale di Messina, infatti, si limita a dare atto che, nel bar di cui l’imputata era titolare, erano stati installati un monitor e cinque telecamere, sebbene in difetto di espressa autorizzazione.
La pronuncia, però, non precisa né se nell’esercizio commerciale gestito dall’imputata prestassero servizio dei lavoratori subordinati di questa, né, in ogni caso, se l’impianto di videosorveglianza implicasse un significativo controllo sull’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti e non vi fosse la necessità di mantenerlo “riservato” per consentire l’accertamento di gravi condotte illecite degli stessi”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA