La Cassazione fissa i criteri per definire quando committente i lavori domestici assume una responsabilità penale per l’incidente sul lavoro.

Segnalo la sentenza numero 44625/2023 – depositata il 07/11/2023 (udienza pubblica 17/10/2023), resa dalla Corte di cassazione – sezione quarta penale, che è tornata ad affrontare il tema della responsabilità penale del committente che affida l’esecuzione di lavori domestici ad un soggetto – impresa o lavoratore autonomo– senza averne preventivamente verificato la competenza.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto il committente dei lavori responsabile di omicidio colposo (in cooperazione con il datore di lavoro della vittima) a seguito dell’incidente mortale occorso all’operaio che intento ad eseguire la verniciatura della ringhiera di un balcone sito nell’appartamento di proprietà del committente ed utilizzando una scala, era caduto da un’altezza di circa tre metri, decedendo a causa delle lesioni riportate.

La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione sostenendo, per quanto di interesse per la presente nota, che il d.lgs. n. 81 del 2008, art. 3 escludeva l’applicazione del relativo testo normativo in relazione ai piccoli lavori domestici a carattere straordinario.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano ampi passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza in commento che si pongono in continuità – richiamandoli,  con i principi di diritto già elaborati dalla dominante giurisprudenza di legittimità:

Va difatti rilevato che la Corte territoriale si è adeguatamente confrontata con i principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in ordine all’ambito di estensione della responsabilità del committente in tema di prevenzione di infortuni sul lavoro e all’applicabilità dei principi medesimi in tema di appalto “domestico“.

In particolare, la giurisprudenza di legittimità – alla luce della trasformazione della figura del committente (definito dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89 come “il soggetto per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazion) nella normativa e nella giurisprudenza, da soggetto privo di autonoma responsabilità a soggetto che riveste responsabilità proprie (oggi descritte dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90), ha ritenuto che il principio generale, secondo cui il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, debba essere precisato, nel senso che dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori con la conseguenza che ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo. (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangi, Rv. 252672; nel medesimo senso sez. 4, Sentenza n. 44131 del 15/07/2015, Rv. 26497; Sez. 4, n. 27296 del 02/12/2016 – dep. 2017, Vettor, Rv. 270100; Sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 2020, Frusciante, Rv. 278435); essendo altresì stato precisato che sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l’obbligo di verifica di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 90, lett. a), non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (Sez. 4, n.28728 del 22/09/2020, Olivieri, Rv. 280049).

Va osservato, in relazione alle deduzioni spiegate da parte del ricorrente, che il presupposto per il perfezionamento dei suddetti obblighi in capo al committente è da individuarsi nella conclusione di un contratto di appalto – di lavori o di servizi – regolato dalle disposizioni generali contenute negli artt. 1655 c.c. e ss..

Mentre, d’altro canto, deve ritenersi del tutto inconferente il richiamo operato dall’imputato nell’ambito del primo motivo di ricorso – al disposto del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 3, comma 8, in base al quale “Sono comunque esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto e delle altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili”.

Tale disposizione va letta anche alla luce del disposto dell’art. 2, comma 1, lett. a), del cit. D.Lgs., che definisce il lavoratore come colui che “indipendentemente dalla tipologia contrattuale svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”; dovendosi quindi ritenere, alla luce del combinato delle suddette disposizioni, che il personale domestico escluso dall’area di applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008 si identifichi in quello definito dalla L. 2 aprile 1958, n. 339, art. 1 ovvero in coloro che “prestano a qualsiasi titolo la loro opera per il funzionamento della vita familiare”.

Richiamando quindi la parte motiva di Sez. 4, n. 26335 del 21/04/2021, L., Rv. 281497 – 02, va rilevato che nell’ipotesi di conferimento di appalto “domestico”, non può, in generale, ritenersi che il committente non professionale sia tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, ché altrimenti ne deriverebbe una paralisi dei lavori di manutenzione domestica, posto che ciò implicherebbe una formazione del cittadino comune non prevista dall’ordinamento, che la pretende nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti dal medesimo designati o comunque di soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza delle lavorazioni.

Ciò che la legge pone a carico del committente privato per lavori di tipo domestico, al contrario, è l’obbligo di ‘scegliere adeguatamente l’impresa, quest’onere consistendo verificare che la medesima sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A, dimostri di essere dotata del documento di valutazione dei rischi e che di non essere destinataria di provvedimenti di sospensione od interdittivi, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 14.

Allorquando l’azienda sia scelta secondo siffatti criteri, di natura oggettiva, non può ritenersi la mala electio da parte del committente non professionale, ciò esonerandolo da ulteriori controlli ed ingerenze nei lavori, che potrebbero anche condurlo ad assumere una “responsabilità per ingerenza”.

Se, tuttavia, la scelta dell’impresa non avviene con questi criteri il committente assume su di sé gli oneri del garante della sicurezza posto che l’assenza del conferimento dell’incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto “adeguato” non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti a quelle opere, i quali debbono comunque essere garantiti.

Dunque, la mala electio dell’impresa esecutrice si trasforma, in sostanza, nell’ingerenza nei lavori, posto che può determinarne lo svolgimento in condizioni di “insicurezza”, con la conseguenza dell’assunzione diretta della posizione di garanzia da parte del committente.

Ciò posto, la Corte territoriale – in linea con i predetti principi – ha ritenuto che il [omissis], quale committente, avesse integralmente assunto su di sé l’onere di adeguata conformazione dell’ambiente di lavoro, non avendo adempiuto agli specifici obblighi sopra elencati in punto di adeguata scelta e valutazione del soggetto appaltatore; e che lo stesso soggetto committente non avesse correttamente adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 15 (applicabili al committente in virtù del rinvio compiuto nell’art. 90), con specifico riferimento a quello riguardante l’eliminazione dei rischi, avendo lo stesso fornito – sulla base della valutazione di fatto compiuta dalla Corte, non riesaminabile in questa sede in considerazione della non manifesta illogicità della motivazione – attrezzatture, con specifico riferimento alla scala utilizzata nell’esecuzione dei lavori, non idonee rispetto alle esigenze di sicurezza derivanti dalla lavorazione medesima; considerazione in riferimento alla quale le argomentazioni contenute nel secondo motivo di ricorso – in base alla quale non sarebbe sussistito il presupposto dell’evitabilità in ragione dell’assenza del committente dal luogo di espletamento dei lavori – appaiono del tutto omissive rispetto al necessario onere di confronto con la motivazione della sentenza impugnata”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA