La Cassazione detta l’ordine metodologico che il giudice penale di merito deve seguire per accertare la responsabilità penale del sanitario.
Segnalo la sentenza numero 42453/2023 – depositata il 18/10/2023 (udienza pubblica 20/09/2023), resa dalla Corte di cassazione – sezione quarta penale che, con una interessante pronuncia, è tornata ad affrontare il tema della responsabilità penale del sanitario in sede penale con specifico riferimento al paradigma del giudizio controfattuale del quale il giudice di merito deve operare buon governo per accertare la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta colposa ascritta al medico e l’evento infausto di danno (lesioni personali o decesso) cagionato al paziente.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto il ginecologo rinviato a giudizio, responsabile colpevole di lesioni colpose aggravate (art. 590 in relazione all’art. 583 c.p., comma 1) per aver cagionato alla paziente sottoposta ad un intervento di revisione della cavità uterina la perforazione dell’utero e dell’intestino con conseguente insorgenza di un’ileite acuta virulenta gangrenosa che culminava nella resezione di 25 cm di ileo.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che, per esigenze cliniche, la paziente era stata sottoposta ad un secondo intervento di revisione della cavità uterina eseguito da altro sanitario il giorno seguente a quello ritenuto causa del danno alla persona per il quale era stata elevata imputazione.
La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione sostenendo, per quanto di interesse per la presente nota, il vizio di motivazione della sentenza impugnata perché non conforme alla regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio sotto il profilo della ritenuta sussistenza dele nesso causale tra la condotta tenuta dall’imputato e le lesioni occorse alla persona offesa.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso annullando con rinvio la sentenza della Corte territoriale per nuovo giudizio, non ritenendo adeguatamente motivata la responsabilità del giudicabile secondo le dichiarazioni dei consulenti tecnici escussi nel corso del processo che non garantivano la certezza richiesta dal codice di rito penale per poter affermare la responsabilità del prevenuto.
Di seguito si riportano ampi passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza in commento che si pongono in continuità con i principi di diritto già elaborati dalla dominante giurisprudenza di legittimità in tema di giudizio controfattuale in sede penale:
“Giova premettere che, secondo la giurisprudenza ormai granitica di questa Corte, in tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento lesivo per il paziente, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo per il paziente sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio (vedi tra le ultime Sez. 4, n. 37193 del 15.9.2022).
In tema di nesso di causalità, il giudizio controfattuale – imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento, o, in ipotesi di condotta commissiva, l’assenza della condotta commissiva vietata, avrebbe potuto evitare l’evento – richiede preliminarmente l’accertamento di ciò che è accaduto (cosiddetto giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta.
Per effettuare il giudizio controfattuale è quindi, necessario ricostruire, con precisione, la sequenza fattuale che ha condotto all’evento, chiedendosi poi se, ipotizzando come realizzata la condotta dovuta dall’agente, l’evento lesivo sarebbe stato o meno evitato o posticipato (Sez. 4, n. 43459 del 04/10/2012, Albiero, Rv. 25500801).
L’importanza della ricostruzione degli anelli determinanti della sequenza eziologica è stata sottolineata, in giurisprudenza, laddove si è affermato che, al fine di stabilire se sussista o meno il nesso di condizionamento tra la condotta del medico e l’evento lesivo, non si può prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi rilevanti in ordine alla “causa” dell’evento stesso, giacché solo conoscendo in tutti i suoi aspetti fattuali e scientifici la scaturigine ed il decorso della malattia è possibile analizzare la condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale, avvalendosi delle leggi scientifiche e/o delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto (Sez. 4, n. 25233 del 25/05/2005, Lucarelli, Rv. 23201301).
Le Sezioni unite, con impostazione sostanzialmente confermata dalla giurisprudenza successiva, hanno enucleato, per quanto attiene alla responsabilità professionale del medico, relativamente al profilo eziologico, i seguenti principi di diritto: il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Non è però consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosicché, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori eziologici alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto grado di credibilità razionale”. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese).
Ne deriva che, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale (Sez. 4, n. 30469 del 13/06/2014, Jann, Rv. 26223901).
Il giudizio rimesso al giudice circa il nesso di causalità tra la condotta del medico e l’evento nella maggior parte dei casi non potrà prescindere dal dato scientifico fornito dal contributo degli esperti.
In tale prospettiva, il sapere scientifico acquisito nel processo mediante le conclusioni di periti e consulenti dovrà necessariamente essere utilizzato dal giudice di merito secondo un approccio metodologico corretto che presuppone la indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto/ dovendosi precisare che l’esame dei dati che caratterizzano il fatto storico, ai fini del giudizio di tipo induttivo, riguardante l’indagine controfattuale, non potrà mai essere basato su valutazioni di ordine congetturale, vale a dire sfornite di una adeguata base scientifica o esperienziale. Occorre, piuttosto, che di tali basi il giudice dia adeguato conto, al fine di offrire una motivata valutazione in ordine all’attitudine degli elementi indiziari caratterizzanti il caso concreto ad incidere sul coefficiente di probabilità statistica, in maniera tale da “elevarlo” fino a giungere ad un motivato giudizio di alta probabilità logica in ordine all’efficacia salvifica della condotta dovuta, al di là di ogni ragionevole dubbio.
E’ poi noto che il giudice di merito può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA