Causalità additiva: la responsabilità del committente non esonera quella penale del datore di lavoro che non assolve agli obblighi di sicurezza in cantiere.

Segnalo la sentenza numero 46841/2023 – depositata il 22/11/2023 (udienza pubblica 03.10.2023), resa dalla Corte di cassazione – quarta sezione penale che trattando la questione della responsabilità penale dei garanti la sicurezza sul lavoro come tracciata dal d.lgs. n.81/2008 e succ. mod., ha dato ulteriore seguito al principio della cosiddetta causalità additiva  secondo il quale, ogni soggetto cui è demandata la gestione di un rischio dalla cui concretizzazione può derivare un incidente sul lavoro, risponde in sede penale del proprio contegno omissivo senza poter fare affidamento sull’efficacia scriminante dell’altrui inadempimento

Il fatto incolpativo contestato dal PM era stato accertato secondo la concorde valutazione dei giudici di merito nei seguenti termini:

nel corso dei lavori di pulizia di un immobile di proprietà del comune la persona offesa era salita al primo piano dell’edificio, unitamente ad altri colleghi di lavoro, per rendersi conto della tipologia dell’attività da espletarsi, e, nel ridiscendere le scale fisse, aveva perso l’equilibrio ed era caduto attraverso un’ampia apertura esistente nel pianerottolo totalmente sprovvisto di parapetto, precipitando da un’altezza di circa due metri sul piano di campagna sottostante riportando gravi lesioni.

Per quanto di interesse per la presente nota, si evidenzia che la difesa dell’imputato aveva sostenuto la carenza di motivazione della sentenza di appello impugnata, laddove non era adeguatamente valorizzata la circostanza che al RUP del comune committente era stata inferta una sanzione in ordine alla mancata previsione nel DUVRI delle tutele sugli infortuni sul lavoro.

La sanzione amministrativa pagata costituiva, quindi, una prova di ammissione di responsabilità in ordine all’accaduto che non poteva essere addebitato al datore di lavoro.

La Suprema corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ritenuto destituita di fondamento la superiore tesi difensiva dando continuità al principio di diritto di seguito richiamato:

“Infine la censura è manifestamente infondata anche nella parte in cui richiama la responsabilità del comune di in qualità di committente. In tale senso la Corte di Appello ha osservato che la responsabilità del Comune di non valeva ad escludere quella dell’odierno ricorrente, posto che nel caso di specie erano presenti, semmai, più figure di garanzia e più soggetti obbligati.

L’imputato avrebbe dovuto adeguare e, se del caso (anche ammesso che vi fossero obblighi in capo al committente), far adeguare il sito prima di disporre che i suoi dipendenti vi prestassero l’attività lavorativa.

D’altronde in tema di sicurezza sul lavoro, vige il principio della c.d. “causalità additiva, in forza del quale, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo di tutela imposto dalla legge, sicché l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile a ogni singolo obbligato (Sez. 4 n. 928 del 28/09/2022, dep. 2023, Bocchio, Rv. 2840869)”

By Claudio Ramelli© riproduzione riservata.