La Cassazione definisce il perimetro della responsabilità penale del garante la sicurezza in cantiere per l’incidente sul lavoro conseguente allo scavo.

Segnalo la sentenza numero 47401/2023 – depositata il 27/11/2023 (udienza pubblica 28/09/2023), resa dalla Corte di cassazione – sezione quarta penale, che ha affrontato il tema giuridico della responsabilità penale del datore di lavoro nel caso in cui l’incidente avvenga a causa dei movimenti di terra conseguenti allo scavo.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto gli imputati rinviati a giudizio nelle loro rispettive qualità di datore di lavoro dell’operaio deceduto e di preposto di cantiere, responsabili di omicidio colposo per il seguente fatto: l’operaio era deceduto tentando di posizionare un tubo lungo sei metri in uno scavo profondo quattro metri ed operando in una zona che era al di fuori delle protezioni che invece erano lunghe solo m. 2,5, perché veniva travolto da una porzione di parete verticale dello scavo che si era staccata e lo aveva investito seppellendolo completamente.

La difesa del datore di lavoro interponeva ricorso per cassazione sostenendo che doveva essere esclusa la penale responsabilità dell’imputato sia perché assente dal cantiere il giorno dell’incidente, sia perché i lavori erano stati eseguiti conformemente alle disposizioni impartite dai tecnici.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“…..A ciò si aggiunga che «in caso di infortunio sul lavoro per omesso approntamento delle armature di sostegno di uno scavo profondo oltre un metro e mezzo, può essere esclusa la responsabilità del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti solo quando l’evento si sia verificato per cause occulte o lesioni interne del terreno preventivamente non riconoscibili né verificabili da tecnico specializzato tramite consulenza» (Sez. 4, n. 11132 del 19/12/2014, dep. 2015, Stafetta, 12v. 262704).

Questo principio, che è stato affermato con riferimento ad una ipotizzata violazione dell’art. 119 d.lgs. n. 81/08 (che riguarda scavi di pozzi o trincee), opera anche con riferimento all’art. 118 comma 2 del d.lgs. n. 81/08.

Le due norme, infatti, sono espressione del medesimo criterio di cautela, secondo il quale il pericolo di seppellimento dei lavoratori conseguente a frane e smottamenti è insito nelle operazioni di scavo, salvo che il terreno dia tali garanzie di stabilità da consentire di escluderlo e l’evento si sia verificato per cause occulte.

Ai sensi dell’art. 119 d.lgs. n. 81 del 2008, nello scavo di pozzi e di trincee profondi più di m 1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere man mano che procede lo scavo, all’applicazione delle necessarie armature di sostegno”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA