Integra il reato di sottrazione fraudolenta dalle imposte anche il prelievo di somme dal conto della società destinato a scopi personali.
Segnalo la sentenza numero 48089/2023 – depositata il 04/12/2023 (udienza pubblica 10.10.2023), resa dalla Corte di cassazione – terza sezione penale, che si è soffermata sul tema giuridico dell’elemento psicologico del reato previsto e punito dall’art. 11 d.lgs. n.74/2000 in una fattispecie in cui era stato contestato all’amministratore di fatto della società il reato di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte per avere prelevato somme dal conto corrente della società destinandole a spese personali.
La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, dando continuità all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, la ricorrenza del dolo specifico, è rinvenibile anche quando l’atto fraudolento, nel caso di specie la riduzione delle garanzie offerte dal patrimonio sociale in ragione dei prelievi ingiustificati, non sia strettamente connesso allo scopo di sottrarre il bene dal pagamento dei debiti tributari:
– …..Ciò posto, così venendo al primo motivo, si rammenta che l’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 rubricato “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” sanziona, nell’ipotesi di cui al comma 1, la condotta di chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a cinquantamila euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, applicandosi una pena edittale più elevata laddove l’ammontare delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, sia superiore a duecentomila euro.
Ai fini che qui rilevano, si osserva che, accanto al dolo generico, che copre la condotta – l’alienazione simulata ovvero il compimento di altri atti fraudolenti -, la norma incriminatrice esige anche il dolo specifico, che consiste nel “fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a cinquantamila euro”.
La prova del dolo specifico di evasione deriva dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi, presenti nel singolo caso concreto, che il soggetto ha consapevolmente preordinato la simulata alienazione ovvero il compimento di altri atti fraudolenti alla sottrazione al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale.
Il dolo specifico – come per ogni altra figura criminosa riconducibile a tale categoria di reato – ricorre anche laddove l’atto simulato o fraudolento sia compiuto anche per altre distinte ed autonome finalità, non richiedendo la norma che il fine di sottrarsi al pagamento dei debiti tributari sia esclusivo (Sez. 3, n. 10763 del 12/02/2021, Filip, Rv. 281329).
Orbene, come emerge dalla sentenza di primo grado, cui rinvia la decisione di appello, il dolo specifico è stato correttamente desunto dal fatto che il amministratore di fatto, così come l’amministratore di diritto, aveva utilizzato la società come cassa da cui attingere per scopi personali, come testimoniato dal continuo prelievo dal conto corrente sociale a mezzo bonifici, così sottraendo tali somme di denaro alla garanzia dell’Erario per quanto dovuto a titolo di imposta, circostanza che l’imputato si era certamente rappresentato, essendo ben consapevole dei redditi prodotti dalla società e dell’omessa dichiarazione i.v.a., e, quindi, del sorgere del debito erariale”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA