L’accordo conciliativo tra la società che beneficia dell’illecito tributario e l’Agenzia delle Entrate non fa venire meno il presupposto del sequestro per equivalente sul patrimonio personale dell’indagato.

Segnalo la sentenza numero 50037/2023 – depositata il 15/12/2023, resa dalla Corte di cassazione -sezione terza penale, che si è pronunciata sulla questione giudica della rilevanza che può assumere in sede penale processuale l’allegazione, da parte della difesa dell’indagato, dell’accordo conciliativo intervenuto tra la società che avrebbe beneficiato direttamente del profitto del reato tributario e l’Amministrazione finanziaria dello Stato.

Nel caso di specie, il Tribunale per il Riesame, aveva rigettato l’appello interposto dall’indagato per plurimi reati in provvisoria contestazione, compreso, per quanto di interesse per la presente nota, quello tributario di dichiarazione infedele.

Con il ricorso per cassazione la difesa del giudicabile lamentava vizio di legge dell’ordinanza impugnata anche relativamente alla parte in cui aveva mantenuto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, nonostante l’accordo rateale intercorso tra il la società – vero soggetto fiscalmente obbligato – e l’Agenzia delle Entrate, seguito dal pagamento di alcuni ratei dimostrativi della solvibilità dell’Ente.

La superiore circostanza, sempre secondo la tesi difensiva, avrebbe reso ultroneo il mantenimento del sequestro per valore sul patrimonio personale dell’indagato.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dando continuità, al principio di diritto che segue:

“Oltre a quanto già detto in relazione al primo motivo di ricorso, il mantenimento del sequestro per equivalente nei confronti del ricorrente in vista della confisca ai sensi dell’art. 12-bis, d.l.vo n.74 del 2000, collegata al reato di dichiarazione infedele di cui al capo B, troverebbe ostacolo, secondo il ricorrente, nella circostanza che la società aveva stipulato, il 28 giugno 2021, degli atti di adesione con l’Agenzia delle Entrate, adempiendo fin qui ai relativi pagamenti rateali, così dimostrando, secondo il ricorso, ampia prova della sua solvibilità.

L’ordinanza impugnata, affrontando il tema, ha, in primo luogo, ritenuto – per ragioni di merito estranee al presente giudizio e non censurate dal ricorrente – che l’imposta evasa fosse maggiore degli accordi tra la società maltese e l’Agenzia delle Entrate e corrispondesse a quella indicata dagli accertamenti della Guardia di Finanza dei quali il Tribunale ha dato conto (fgg. 7-9 del provvedimento impugnato).

In secondo luogo, il Tribunale ha risolto la questione riproposta in ricorso uniformandosi correttamente al principio di diritto secondo il quale, in tema di reati tributari, la disposizione di cui all’art.12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, introdotta dal d.lgs. n.158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei) beni costituenti profitto o prezzo del reato «non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro», deve essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (in motivazione, la Corte ha precisato che il sequestro e la conseguente confisca devono essere conservati fino all’integrale effettivo pagamento della somma evasa, potendo le rate già versate essere considerate solo ai fini della riquantificazione della misura) (Sez. 3, n. 28488 del 10/09/2020, D’Angela, Rv. 280014; Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsetto, Rv. 266038).

Nelle sentenze citate si esclude che l’impegno assunto dal contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate possa essere valutato quale prova di solvibilità e ciò, a maggior ragione, in un caso come quello all’esame, nel quale, come il Tribunale ha specificato a fg. 7 del provvedimento impugnato e il ricorrente non ha negato, l’attuale consistenza dei pagamenti già effettuati dalla  [omissis] è di molto inferiore all’entità del profitto rilevato”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA