Reati tributari: le cause di non punibilità e le attenuanti riconoscibili nel giudizio penale al contribuente che si adopera per la eliminazione del danno fiscale.

Nell’ambito del processo penale instaurato per accertare la commissione dei delitti tributari previsti e puniti dal d.lgs. n.74/2000, la difesa del giudicabile può contare su alcuni istituti  – cause di non punibilità ed attenuanti – introdotti nel tempo nel nostro Ordinamento, che mirano a contemperare le esigenze di accertamento e punizione del fatto di reato con quelle della definizione in sede amministrativa delle pendenze fiscali, anche mediante il ricorso agli strumenti deflativi del contenzioso tributario.

Le cause di non punibilità previste dall’art. 13 d.lgs. n.74/2000 (in vigore dal 25.12.2019).

1. “I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”.

Il primo comma dell’art. 13 d.lgs. n.74/2000  prevede, pertanto, la non punibilità dei reati di omesso versamento delle ritenute certificate, di omesso versamento di Iva e di indebita compensazione (limitatamente all’ipotesi di cui al comma 1, articolo 10-quater), qualora i debiti tributari, comprensivi di sanzioni e interessi, siano stati totalmente pagati prima dell’apertura del dibattimento penale, con la difficoltà di conciliare i tempi del pagamento rateale del debito concordati con l’Erario con  la fase processuale del giudizio penale che segna lo sbarramento cronologico per ottenere la declaratoria di assoluzione da parte. 

Per completezza espositiva si ricorda che l’art.13, ultimo comma d.lgs. n.74/2000 consente all’imputato di instare per ottenere le due proroghe, ciascuna di tre mesi, previste dalla norma per completare il piano di pagamento rateale ed accedere così alla causa di non punibilità.  

2. “I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempre che’ il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali” .

Il secondo comma dell’art. 13 d.lgs. n.74/2000 pur prevedendo una causa di non punibilità per i reati cosiddetti dichiarativi connotati da apparato sanzionatorio maggiormente afflittivo, introduce la limitazione secondo la quale il contribuente può accedere all’istituto solo se elide le conseguenze dannose del fatto di reato rispettando la più stringente condizione della mancata conoscenza dell’azione amministrativa o processuale penale. 

La circostanza attenuante prevista dall’art. 13 bis d.lgs. n.74/2000 (in vigore dal 25.12.2019)

1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

E’ bene rammentare che l’art.13 bis d.lgs. n.74/2000 si riferisce ai delitti diversi da quelli previsti e puniti dagli artt. articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater contemplati nel precedente art. 13 in quanto, per questi reati, il pagamento integrale di quanto dovuto all’Amministrazione finanziaria dello Stato consente di accedere alla ben più favorevole disciplina della causa di non punibilità e non la mera mitigazione della risposta sanzionatoria da parte dell’Autorità giudiziaria.   

La causa di non punibilità – speciale – introdotta dall’art. 23 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56.

L’art. 23 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56, ha introdotto una nuova causa di non punibilità che, pur applicandosi ai delitti di «omesso versamento di ritenute» (articolo 10-bis), «omesso versamento di Iva» (articolo 10-ter) e «indebita compensazione» con utilizzo di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1), già contemplati dal primo comma dell’art. 13 d.lgs. n.74/2000, non sovrascrive  alla predetta norma dilatandone sensibilmente il dato cronologico, in quanto prevede, espressamente, quale presupposto per la sua applicabilità, che le relative violazioni siano correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 197/2022 (cosiddetti provvedimenti della tregua fiscale, come prorogati, al 20 dicembre 2023, dal Dl 132/2023), purché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello.

Quindi, sostanzialmente, da un lato si prevede un significativo spostamento del termine ultimo  entro il quale la condotta virtuosa del contribuente può essere fatta valere, ovvero dalla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio di primo grado alla sentenza che definisce il giudizio di secondo grado mentre, dall’altro, si pone quale condizione necessaria per la sua applicabilità il rispetto dei termini e della procedura prevista dalla legge di bilancio per il periodo post pandemico. 

Per approfondimenti si riportano i passaggi estratti dalla sentenza resa dalla Corte di cassazione sez. III Penale in data 13/09/2023 (depositata il 27/10/2023), n.43569, che, tra l’altro, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla difesa dell’imputato: 

“L’art. 23 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56, ha introdotto una nuova causa di non punibilità che espressamente qualifica come “speciale”.

Essa si affianca a quella prevista dall’art. 13 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, introdotta con la legge n.158 del 2015 che non è ora interessata dalla nuova normativa.

 Anche per la causa di non punibilità di nuovo conio, essa consegue al pagamento del debito tributario, come già quella prevista dall’art. 13 rispetto alla quale la nuova disposizione presenta alcuni elementi comuni ed alcuni elementi diversi.

Tra gli elementi comuni vi sono gli stessi reati per i quali opera, tra cui l’art.10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.

Entrambe le disposizioni, inoltre, operano in presenza del medesimo presupposto dell’integrale versamento degli importi dovuti dal contribuente, che deve intervenire entro un certo termine individuato in rapporto al procedimento penale.

Divergono le due previsioni quanto al termine entro cui deve intervenire il pagamento, rispetto al quale quello introdotto dall’art. 23 è più ampio, dovendo il pagamento intervenire prima della pronuncia della sentenza in grado di appello, e in relazione alle particolari modalità e termini per il pagamento del debito tributario che l’art. 23 legge n. 56 del 2023, collega alla definizione delle violazioni e al versamento dei contributi “secondo le modalità e nei termini previsti dall’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197″, cioè secondo l’articolata disciplina introdotta dalla legge di bilancio.

Sotto quest’ultimo profilo, l’art. 23 si applica in presenza di versamento del debito “secondo le modalità e nei termini previsti dall’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

In ragione di queste differenze la causa di non punibilità di nuovo conio si affianca a quella già prevista dall’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, non essendo qualificabile, come sostiene la difesa, quale estensione della causa di non punibilità, già prevista dall’art. 13 cit., anche ai casi di pagamento integrale del debito intervenuti “prima della pronuncia della sentenza di appello” dovendo trovare applicazione retroattiva in quanto norma più favorevole nel frattempo intervenuta.

E’ proprio il riferimento alle “modalità” e ai “termini” indicati nei citati commi che delinea una nuova causa di non punibilità, avente presupposti specificatamente indicati che viene ad affiancare quella generale prevista dall’art. 13 cit. e che non viene in rilievo in questa sede non potendo trovare applicazione per assenza dei presupposti.

E’ sufficiente leggere il tenore del comma 153 dell’art. 1 della legge 29 dicembre 2002, n. 197 per cogliere la diversità delle due previsioni e della non applicabilità della causa di non punibilità introdotta dall’art. 2:3 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56, ai fatti per cui è processo che riguardano, si rammenta, l’omesso versamento iva per l’anno 2013, dovuto sulla base della dichiarazione.

La legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022) ha introdotto uno strumentario di norme che permette ai contribuenti di definire con modalità agevolate, e dunque in deroga alle regole ordinarie, la pretesa tributaria ovvero il relativo contenzioso.

Ciò premesso, per quanto qui di interesse, il comma 153 fa espresso riferimento, quanto ai presupposti di applicazione, alle “dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, richieste con le comunicazioni previste dagli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre :1972, n. 633, per le quali il termine di pagamento di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, non e’ ancora scaduto alla data di entrata in vigore della presente legge”… Il comma 154 disciplina le modalità di pagamento.

Segue il comma 155 che fa riferimento al pagamento rateale ancora in corso di esecuzione e i commi successivi, fino al comma 158, si riferiscono temporalmente alle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021. Ne” può trovare applicazione il comma 166 che riguarda solo le irregolarità formali che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto. Seguono poi disposizioni che prevedono delle esclusioni dalla procedura di definizione agevolata e altre disposizioni sulle modalità di pagamento.

Si tratta in ultima analisi di una disposizione nuova che introduce una causa di non punibilità “speciale”, che viene ad affiancarsi, ma non sostituisce né estende l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 13 cit., sicché non può trovare applicazione nel procedimento penale in oggetto perché non sussistono i presupposti di applicazione.

Non di meno, il ricorrente, che ha corrisposto l’intero debito tributario prima della sentenza di primo grado (ma non prima dell’apertura del dibattimento situazione che avrebbe comportato l’applicazione della causa di non punibilità dell’art. 13 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74) ha posto la questione di diritto dell’applicazione della ius supervenies dell’art. 23 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56, ai fatti di omesso versamento iva relativi all’anno di imposta 2013, questione di diritto che, seppur infondata per le ragioni sopra esposte, non può ritenersi manifestamente infondata, situazione che comporta il rilievo della causa estintiva della prescrizione del reato maturata nelle more del giudizio di legittimità.

Resta da scrutinare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 del d.l.30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56, per contrasto con l’art. 3 Cost. che, in ipotesi di fondatezza della questione, sarebbe rilevante perché più favorevole per l’imputato l’applicazione della causa di non punibilità in luogo della pronuncia di estinzione del reato.

Ritiene il Collegio che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. con la legge 26 maggio 2023, n. 56, per contrasto con il principio di eguaglianza nel riconoscere la causa di non punibilità al contribuente che ha estinto il debito tributario prima della conclusione del processo di appello, alle più favorevoli condizioni introdotte dopo la pandemia e negarla al contribuente che ha raggiunto lo stesso risultato, nei termini previsti dalla causa di non punibilità, senza potersi giovare delle agevolazioni introdotte con le richiamate disposizioni della I. 29 dicembre 2022, n. 197, è manifestamente infondata atteso che appartiene alla discrezionalità del legislatore stabilire per quali periodi fiscali e a quali condizioni possa riconoscersi rilievo, a fini di esclusione della punibilità, del pagamento del debito tributario secondo scelte di politica legislativa che non appaiono manifestamente irragionevoli.

 La differenza di trattamento che la difesa ritiene in violazione del principio di eguaglianza trova la sua giustificazione dalla dichiarata intenzione del legislatore di adottare “Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali”, situazione che determina la non irragionevolezza del trattamento di favore nei confronti di coloro che possono aderire alla definizioni del contenzioso tributario con le modalità e tempi ivi previsti nel periodo post pandemico rispetto a quelli precedenti”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA