Reati tributari: l’accertamento con adesione non ha valore probatorio di confessione in sede penale.
Segnalo la sentenza numero 859/2024 consultabile per esteso − depositata il 10/01/2024, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sul valore probatorio che assume l’accertamento con adesione acquisito agli atti del processo penale e delle dichiarazione provenienti dalla parte in esso contenute.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputato per il delitto tributario previsto e punito dll’art.2 d.lgs. n.74/2000.
Con il ricorso per cassazione venivano articolati plurimi vizi di legittimità uno dei quali riferito alla inutilizzabilità, ai fini della decisione, del portato probatorio afferente l’accertamento con adesione intercorso tra il giudicabile e l’amministrazione finanziaria dello Stato.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e, per quanto qui di interesse, ha affermato il principio di diritto che segue:
“…….. In materia finanziaria la proposta di accertamento per adesione, ai sensi dell’art. 3 del D.L. 30 settembre 1994 n. 564, convertito in legge 30 novembre 1994 n. 656, costituisce una particolare forma di accertamento fiscale finalizzato a consentire la rapida e concordata soluzione di ogni controversia cittadino-contribuente e P.A. finanziaria (Sez. 3, n. 1257 del 17/04/1998, Minervini, Rv. 211096 – 01).
L’adesione, in sé, all’accertamento, non ha un valore probatorio di confessione, perché può essere anche determinata dalla necessità di concludere la controversia con il fisco e beneficiare della riduzione delle imposte.
La giurisprudenza civilistica ha dato rilievo, invece, alle dichiarazioni rese nella procedura di accertamento con adesione. Si è affermato, in tema di contenzioso tributario, che la dichiarazione contenuta nella domanda di accertamento con adesione del contribuente ha natura di confessione stragiudiziale, che, come tale, è liberamente valutabile dal giudice ai sensi dell’art. 2735, comma 1, c.c. (Sez. 5, Ordinanza n. 30689 del 21/12/2017, Rv. 646993).
Tali dichiarazioni, nel processo penale, costituiscono elementi di prova liberamente valutabili dal giudice ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen.”
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.